Regia di James B. Harris vedi scheda film
Ultimo lungometraggio diretto da James B. Harris per il cinema, e passato veramente in sordina almeno in Italia, tanto da non esservi mai uscito tranne in h.v.
Scritto da Gerald Pietevich, e viene davvero da chiedersi cosa ne avrebbe potuto trarre ancora in quel periodo William Friedkin, visto che Pietevich aveva scritto con Friedkin "C.A.T. Squad" e "C.A.T. Squad: Python Wolf" per la tv NBC, oltre ad una una cosa non da poco come "Vivere e morire a Los Angeles".
Non che sia diretto perché Harris dopo i dieci anni di società con Kubrick, è uno di quei pochi giganti conosciuti solo ai veri cultori, che nella sua carriera hanno dimostrato di saper fare il produttore, e poi anche lo sceneggiatore e il regista, senza mai sbracare e realizzando anche opere di grande mestiere, ed efficacia, come "Indagine ad alto rischio".
"Limite estremo" è un pò penalizzato da una fotografia che pare non eccezionale, troppo illuminata soprattutto negli interni facendolo apparire già troppo anni '90 almeno per il gusto dello scrivente, e di origine televisiva, poco noir così come è per sviluppo e personaggi, ma forse è anche un effetto della edizione in home video su dvd; andrebbe rivisto nel master recentemente distribuito in alta definizione, per poter meglio confermare questa impressione.
E' interessante come qualcuno ha notato una certa analogia con il di poco successivo e ovviamente superiore "Heat-La Sfida", nella dicotomia tra poliziotti della omicidi di Los Angeles(Wesley Snipes e Dan Hedaya), ossessionati dal loro lavoro e dai fallimenti professionali come personali il primo, che devono identificare e acciuffare in un breve lasso di tempo di una settimana, una coppia di criminali dalla differenza di età che potrebbero sembrare padre e figlio(Dennis Hopper sempre grande anche con i capelli color carota, e Viggo Mortensen un violento conosciuto in carcere, dal primo utilizzato come "socio/amico" e poi alla fine anche strumentalizzato e sacrificato, in una complessa tela di grosse partite di soldi falsi da smerciare, rapine ai danni di boss mafiosi, debiti da saldare con la mala ecc.), come De Niro-McCauley e Kilmer/Shiherlis nel film di Michael Mann.
A differenza di Mann, James B. Harris riesce a dare spazio pure a sottotrame sentimentali e di donne dei protagonisti(interessante il personaggio della cameriera di Valerie Perrine, seppure un pò artificioso il suo inserimento nel finale) nella canonica ora e mezza circa, senza dilatarsi in tre.
Manca ovviamente, la padronanza magistrale del mezzo cinematografico dal punto di vista soprattutto della costruzione nelle scene d'azione, di un Friedkin o appunto Michael Mann, e che lo collocano all'interno di un livello medio, nel poliziesco thriller urbano anni '90 quale è. Secco, essenziale, e senza divagazioni patinate o "cool" di là da venire a poco. Curioso lo stesso titolo inglese per il mercato internazionale, con il quasi coevo crime thriller urbano ma in Giappone, di Takeshi Kitano.
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