Regia di Bob Rafelson vedi scheda film
1970: si apre un decennio per il cinema, di fatto già inaugurato con alcune pietre miliari di qualche anno prima, che va a rompere del tutto gli schemi della “vecchia hollywood”. Già l’america stava facendo i suoi conti con il declino del periodo ottimista e patinato che troneggiava tra le pellicole cinematografiche. Erano usciti solo nel 1969 tre film che avrebbero lasciato segni indelebili, ciascuno nel suo genere: Il mucchio selvaggio, Un uomo da marciapiede e soprattutto Easy Rider, quest’ultimo incarnava davvero il sentimento di una generazione. Tuttavia a oltre mezzo secolo di distanza tanti elementi, soprattutto di ribellione e di anticonformismo appaiono inevitabilmente invecchiati e terribilmente racchiusi in quel decennio di contestazioni, disorientamento e anticonformismo. Questo a mio avviso è il più grande limite di Cinque pezzi facili, che con il personaggio persino troppo invadente di Nicholson, onnipresente in tutta la narrazione, con la sua figura arrabbiata, scontrosa e lunatica, ma anche un po’ tragica, fatica ad essere veramente coinvolgente. Altrettanto tipico di quel periodo è l’attenzione a dei dialoghi “minori” o su argomenti prosaici che il cinema della major aveva sempre rifiutato e che qui trova parecchio spazio nella rappresentazione svampita della compagna del protagonista. Tornando a Jack Nicholson, un po’ come i grandi attori suoi coevi che si stavano affermando proprio in quegli anni (e in un lustro avrebbero fatto il salto nell’universo delle star), parlo di Robert De Niro, Al Pacino e Dustin Hoffman in particolare, qui sembra essere proprio sul trampolino di lancio, mettendoci anima e corpo nel ritratto di questo individuo costantemente fuori luogo, così tra i proletari che nel contesto “perbene” che lo ha partorito e che sino alla fine cerca un’ennesima via di fuga nella consapevolezza di non essere veramente in cerca di un obiettivo. Questi aspetti così legati al periodo ed al senso di sostanziale solitudine del protagonista mi hanno ricordato una pellicola prodotta qualche anno dopo: Lo spaventapasseri con Gene Hackman ed Al Pacino, anch’essi reduci di un mondo in cui non riescono ad inserirsi. Molto toccante il monologo di Nicholson di fronte al padre invalido.
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