Regia di Antonio Piazza, Fabio Grassadonia vedi scheda film
Luna, una tredicenne siciliana, si innamora di Giuseppe, suo compagno di classe. Lo segue, lo accompagna a casa, lo osserva mentre cavalca nel maneggio. Lui è spiritoso, gentile. Improvvisamente, Giuseppe scompare. Luna lo cerca ovunque, arriva persino a casa dei suoi genitori, ma viene respinta in malo modo. Luna, però, non si arrende e continua a cercarlo. Insieme alla sua migliore amica distribuisce volantini con la foto di Giuseppe e sprona le forze dell’ordine a fare di più. Alla fine, non riuscendo a trovarlo nella realtà, lo cerca nei sogni.
La storia si tinge di toni fiabeschi, ambientata in una Sicilia misteriosa fatta di boschi incantati, grotte abitate da spiriti e laghi con scale che scendono nei loro fondali. Questo scenario onirico fa da cornice a un amore impossibile tra due adolescenti: lui, inghiottito dalle tenebre e imprigionato dagli orchi; lei, impegnata in una disperata ricerca per salvarlo. L’unico legame che resta tra loro è una lettera in cui Luna dichiara il suo amore profondo e promette di non abbandonarlo mai, parole che infondono fiducia e sollevano il morale. Alla fine, lei riesce a trovarlo: fuggono insieme nel bosco, si nascondono e trascorrono la notte abbracciati. Ma poi lui scompare di nuovo, perché il suo destino è ormai segnato. Non tutte le favole hanno un lieto fine.
Un racconto fantastico e commovente, ma al tempo stesso terribile, perché “lui” è Giuseppe Di Matteo, figlio del boss Santino, collaboratore di giustizia. Sequestrato dagli uomini di Cosa Nostra per costringere il padre a ritrattare, Giuseppe viene tenuto incatenato per oltre due anni, prima di essere strangolato e sciolto nell’acido. Una crudeltà narrata con fedeltà, affinché quella barbarie resti impressa nella memoria di tutti.
Colpisce il modo in cui il film intreccia sogno e realtà, lasciando un senso di meraviglia misto a inquietudine. Un film emotivo, dal forte sapore di denuncia. La sceneggiatura, tratta dal racconto “Un cavaliere bianco”, è diretta con cura dai registi siciliani Antonio Piazza e Fabio Grassadonia, già noti per “Salvo”. Un’opera significativa, con un’ottima fotografia e un finale che, pur nella sua amarezza, apre uno spiraglio di speranza: tornare a vivere in un mondo migliore
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