Regia di Michael Mann vedi scheda film
La notte di L.A. scorre veloce, come il traffico dei raccordi stradali a sei corsie. Le note della colonna sonora di Elliot Goldenthal fanno sembrare le luci dei grattacieli in vetro e acciao una costellazione lontana da amirare da dietro le vetrate dei loft sulle colline.
Il giorno di L.A. è immobile e grigio. Il cemento della sterminata periferia non lascia spazio ad altro che automobili, parcheggi, strade e ancora strade.
Come nei romanzi di Edward Bunker, la vita a L.A. è dura, i buoni sono una specie estinta e il destino dei criminali è quello di rimanere tali per sempre, no way out.
I protagonisti sono divisi tra le proprie ambizioni e i sentimenti privati, come fin dai racconti medievali, e giocano a guardia e ladri nelle loro armature metallizzate Armani. Bravissimo De Niro, in un ruolo a lui congeniale. Bravo Al Pacino, anche se decisamente sopra le righe, in fondo è lui il vero cattivo. Superlativi i dopppiatori italiani.
La sceneggiatura veloce e ben costruita è il vero punto di forza del film di Michael Mann, che riesce a tratteggiare i personaggi principali nei pochi secondi iniziali. L'azione è bilanciata lungo tutto il fim da dialoghi ottimi, anche se al blasonato incontro tra Al Pacino e Robert De Niro, dal quale emerge solo qualche battuta da bar, sono preferibili gli scambi di vedute tra Vincent e gli informatori o l'abbocamento tra Neil e la ragazza che lavora alla libreria.
Quello che non si può perdonare a Michael Mann è il moralismo di fondo che giustifica le vicende. Chi si salva, chi vince, è chi riesce a instaurare rapporti interpersonali solidi: Chris è salvato dalla fedeltà della moglie, così come è solo dopo aver ritrovato la serenità famigliare che Vincent ha la meglio su Neil, che ha abbandonato la propria donna per fuggire. E' questo schematismo da quattro soldi che rende troppo rigida l'intera struttura del film. La mancanza di coraggio di Mann nel dipingere fino in fondo un quadro a tinte fosche fa di Heat un capolavoro mancato.
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