Regia di Luis Buñuel, Salvador Dalì vedi scheda film
Bellino ma non capolavoro. Wagner gigante.
Il secondo film che mi vedo per il 1929 è questo celebre cortometraggio, la vera "star" del '29, probabilmente, anche perchè segna l'esordio di Bunuel.
La recensione che segue non tiene conto del fatto che è da tutti (quasi) ritenuto un capolavoro, perchè il mio voto è un 7. Non tiene conto di mostri sacri, dell'inconscio, dei sogni, della rava e della fava, tiene conto solo di quello che io penso di questo film. Se ciò darà fastidio a qualcuno, o ne urterà la sensibilità, che non la legga, che non l'ha prescritta il dottore. Si legga le disamine di professionisti, e non di dilettanti come me. Insomma, non si rompano i maroni. Uomo (o donna) avvisato, mezzo salvato.
Da dove partire. Uno, questo film per me è una ragazzata. Non per la qualità, ma proprio perchè parliamo di ragazzi, per quanto talenstuosi e propositivi. Bunuel all'uscita del film aveva 29 anni. Era sconosciuto, tranne che dai suoi amici, chiaro, e aveva dei grandi amici. E aveva già il suo bel caratterino e delle posizioni definite, che lo accompagneranno tutta la vita (vedi ad esempio l'ateismo, se non anche il suo anticlericalismo, qua già un po' presente). E dunque già mi è simpatico, anche se fece questo film coi soldi della mamma, soldi presto finiti, peraltro. Uno dei suoi amici era Salvador Dalì, che nel '29 era a un passo da "esplodere" (come notorietà) e che aveva già un bel nome, nell'ambiente, e già si era fatto notare sia per alcuni dipinti, sia per le stranezze. Loro due (soprattutto Bunuel) sono gli artefici del film. Ah già, Dalì aveva 25 anni.
Altri: alla prima del film avremmo visto Picasso, Le Corbusier, Jean Cocteau, oltre ai Surrealisti (Breton e altri).
Una ragazzata, dicevo. Il protagonista, Pierre Batcheff, aveva 28 anni, circa, la protagonista Simone Mareuil 26 anni. Fano Messan, la bella ragazza in abiti maschili che viene investita, definita androgina al tempo, ma avercene, aveva 27 anni.
Piccolo inciso, Batcheff sarebbe morto pochi anni dopo, in Italia, per overdose. La Mareuil si tolse la vita, in età matura, in modo orribile, dandosi fuoco.
Il gruppetto stette assieme dieci giorni, e girarono il film. Prima venne scritto, certo, e lo scopo del film era scrivere, e poi girare, cose spiazzanti. Cose che non avevano un significato preciso, volutamente, anche se non mancano metafore (alcune di grana molto grossa, giovanile, appunto). Si parte dal titolo, non c'è alcun cane andaluso (meglio noto come Podenco andaluso, se ci fosse). Il titolo a cosa allude? A nulla, volutamente. C'è chi dice che si ispiri a un modo di dire spagnolo, chi alle origini andaluse di Garcia Lorca, ma lo scopo era, credo, "troviamo un titolo che non c'entri nulla con il film...Un cane andaluso? Perfetto!"
Poi, per un quarto d'ora circa (la durata del corto), si seguiranno vicende surreali, appunto, di oscuro significato (ma anche no, o anche nullo, o anche dategli voi i significati che più credete), situazioni affascinanti, sicuramente impattanti (la celebre scena dell'occhio tagliato, che in realtà è una scena che avviene subito, è rapida e neanche montata gran chè, è subito chiaro che non si sta tagliando l'occhio di una ragazza). Ma altri sono a mio parere i momenti più interessanti, perchè il film, sia chiaro, ne ha parecchi. La mano col buco da cui escono formiche fa molto Dalì, onirico e iconico; la top è forse quando il protagonista si avvicina alla ragazza, frenato però nella sua lussuria da vari simboli, ovvi (quando dicevo la grana grossa), tra cui due preti, ma intendo proprio due preti in carne e ossa, distesi e legati, che il ragazzo fatica molto a tirare (anche perchè loro sono a loro volta legati a dei pianoforti). Lo stesso uomo che perde la bocca, poi, fa molto Matrix, vedi tu come quelle che paiono chissà che invenzioni sono riprese invece da un secolo prima.
Sto in definitiva dicendo che il tutto funziona, è breve e si segue nella sua "follia" e nell'accumularsi dei vari simbolismi (vedi anche i libri che si tramutano in armi, non avranno mica voluto dire che la conoscenza può essere un'arma e che ne uccide più la penna che la spada? Domanda retorica, chiaro).
Le poche didascalie che appaiono non hanno senso, sono in contrasto con quanto si vede, così come il titolo. Pure le musiche (aggiunte in seguito da Bunuel), sono spesso fuori luogo, vedi il tango, che si sente spesso. A proposito delle musiche, c'è il Liebestod di Wagner (III atto, finale dell'opera, solo strumentale, da Tristano e Isotta), una cosa di tale abbacinante bellezza che per me è stata dura seguire il film, e non concentrarmi su questa musica, che è una vetta della cultura mondiale, un picco di pura goduria, detto da un totale ignorante in materia come me, sia chiaro. Certamente la differenza tra quello che vedevo e quello che sentivo era tanta, troppa, insopportabile. La musica era molto più bella del film. E chissà, magari pure questo venne fatto apposta.
Ora, va dato atto che al tempo il tutto poteva essere disturbante, offensivo, spiazzante: l'effetto però si è depotenziato, secondo me, e non solo, ANCHE all'epoca, per quel poco che ho visto finora, c'erano già opere disturbanti, offensive e spiazzanti.
Il film fu accolto molto bene dal pubblico, col plauso dei surrealisti, Dalì ci rimase male, sperava forse in un po' di casino o di contestazioni, si dice che pure Bunuel sia rimasto sorpreso e che si fosse portato dietro dei sassi da tirare ai contestatori, cosa che evidentemente non servì. ll film oggi è un cult, un film seminale, il massimo riconoscimento gli verrà dato da Kurosawa, credo, che lo definirà uno dei suoi film preferiti (in realtà lo mise nella lista dei suoi 100 film preferiti, dove però manca Metropolis, tra quelli che mi sto vedendo del periodo, ma ci sono Giglio infranto, che non metterei, e pure capolavori come Il gabinetto del dottor Caligari e Il dottor Mabuse).
Va bene, la recensione è venuta confusa assai, con un bel dipaloinfraschismo, ma questo passa il convento. Bellino ma non capolavoro, riassumendo. Wagner top.
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