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Bravissimo

Regia di Luigi Filippo D'Amico vedi scheda film

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La recensione su Bravissimo

di Baliverna
8 stelle

Il bambino di 6 anni è capace di cantare l'opera, e lo fa con una voce da baritono adulto. Pretesto surreale, per una trama verosimile.

Nonostante la presenza di Alberto Sordi, questa pellicola è rimasta sempre nell'ombra; io ne conoscevo l'esistenza, ma non ho mai avuto l'occasione di vederla fino ad oggi. Il motivo del tenere questo film sugli scaffali alti è, secondo me, che il protagonista riveste un ruolo più negativo del solito, interpretando un personaggio decisamente antipatico, di un antipatia che emerge a poco a poco e aumenta, fino a farcelo definire un farabutto.

Sordi non interpreta cioè il solito mediocre, furbo, vigliacco, fanfarone di tanti altri film, ma un profittatore senza scrupoli che sfrutta e usa un bambino senza genitori, e per farlo pianta in asso tutti i suoi bambini allievi a cui faceva da maestro. Insomma, è uno che lavora coi bambini, ma non ama affatto i bambini. Accanto a lui, per di più, si agitano altri individui simili a lui. Tutti vogliono sbolognare l'orfanello a qualcun altro, almeno finché non fiutano l'affare; allora si presentano a rivendicare l'affido con le scartoffie del tribunale... Solo la mamma della bambina sembra avere per il piccolo una compassione sincera.

Fanno anche riflettere le file di genitori che presentano i figli agli scopritori di talenti del mondo dello spettacolo. Ciascuno dei primi rivendica per i secondi qualche talento eccezionale, vero o presunto, nei campi più diversi. Essi non fanno però il bene dei piccoli – il quale ben raramente si realizza in tal modo – ma cercano solo di appagare la propria fame di successo e denaro, proiettata sulla loro prole. Nel loro insieme, benché il regista d'Amico li faccia comparire in scena solo di striscio, essi suscitano un'impressione patetica e fastidiosa.

La sceneggiatura di Age e Scarpelli riesce a comporre questo ritratto collettivo senza inutile enfasi o retorica, ma cionondimeno in modo efficacie, sì da suscitare i giusti sentimenti di disapprovazione di cui sopra.

Nonostante il tono e la dinamica del film siano della tipica della commedia anni '50, le risate della prima parte muoiono a poco a poco in gola, mentre ci accorgiamo che il protagonista, il vecchietto (un caratterista altrove simpatico) e l'impresario della Ricordi non sono affatto simpatici arrivisti un po' pasticcioni, ma dei cinici sfruttatori di innocenti che non possono difendersi.

Non si può dire che sia un film piacevole, ma piuttosto che parla di argomenti spiacevoli ma veri, che non hanno perso la loro attualità a tanti anni di distanza.

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