“Facevate prima a pisciarci direttamente addosso!” recita la primissima recensione della Grande abbuffata di Marco Ferreri, urlata allo schermo da uno dei presenti alla proiezione ufficiale del film al Festival di Cannes del 1973. Un grido di sdegno che oltre a far ben percepire la risposta della maggior parte degli spettatori all’opera, scatenò l’inferno al Palais des Festivals, aizzando tutti i presenti a rivolgersi direttamente contro il regista e il cast – composto da Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Michel Piccoli, Philippe Noiret e Andréa Ferrèol – con sputi e insulti, fino a rendere necessario l’intervento della gendarmerie parigina. Nonostante la preoccupazione del personale di sicurezza e dei suoi attori, mentre veniva scortato all’esterno, pare che Ferreri abbia mandato per tutto il tempo baci al pubblico che lo voleva fare a pezzi.

Marco Ferreri
La grande abbuffata (1973) Marco Ferreri

Umiliato e deriso da questo film su cinque annoiati borghesi che dopo essersi ritirati in campagna finiscono per uccidersi mangiando, il pubblico francese alimenta lo scandalo, al punto che nelle settimane successive alla prima di Cannes non si parla d’altro: due milioni e mezzo di spettatori vanno a vedere La grande abbuffata non appena esce nelle sale. Per gli attori del cast diventa difficile addirittura uscire o andare a mangiare fuori, perché tanti locali si rifiutano di servire chiunque abbia partecipato alla sua realizzazione. E ad alimentare il caos c’è anche Ferreri stesso, che si fa intervistare da tutte le riviste che lo reclamano, provocando i giornalisti e svelando retroscena come quello sul doppio ruolo di Ugo Tognazzi, che oltre ad aver recitato come protagonista dell’opera, ha curato i menu e le pietanze mostrate nella messa in scena – sulla scia delle molte cene che aveva cucinato al regista, che in quegli anni era stato spesso ospite a casa del suo attore.

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La grande abbuffata

Tognazzi, nel film, rappresenta infatti la figura più contraddittoria tra i quattro protagonisti – il conduttore televisivo Michel (Piccoli), il pilota Alitalia Marcello (Mastroianni), il magistrato Philippe (Noiret) –: essendo un cuoco di professione, è lui a cucinare i piatti con cui gli altri si ingozzeranno fino alla morte, ed è quindi lui che offre l’arma fatale – il cibo –, che apre la via del suicidio, configurandosi come una figura bifronte, insieme vittima e carnefice.
Se La grande abbuffata, come opera, viene ancora giustamente eretta a metafora del capitalismo crepuscolare, con il suo lento, mortificante e doloroso decadimento – che negli anni Settanta era di certo già iniziato, ma oggi si sta mostrando in uno stadio di avanzamento molto più preoccupante –, il personaggio di Tognazzi rappresenta all’interno del film il centro di questa degradazione, colui che la spinge sempre più in basso. Il cuoco Ugo, con la sua doppia natura di offensore e offeso incarna pienamente l’archetipo di una pulsione di morte freudiana in versione postmoderna: un impulso innato di autodistruzione, un desiderio inconscio di ritorno all’inerzia assoluta che passa però attraverso l’eccesso, la sovrabbondanza, lo spreco incolpevole.

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La grande abbuffata

Come dichiarato a più riprese da Ferreri, infatti, più che parlare del suicidio a cui sta andando incontro la nostra società, il film mostra la disperazione e l’umiliazione con cui rischiamo di affrontare la nostra discesa agli inferi – come testimoniato alle quattro morti impietose scelte dal regista per ognuno dei personaggi. Per questo i suoi protagonisti non decidono in partenza di andare a uccidersi: i quattro vanno, semplicemente, a mangiare; ed è la presenza di Ugo a traghettarli quasi senza che se ne accorgano – e soprattutto senza che se ne accorga lui – dall’idea del banchetto all’idea della morte. Ugo cucina a tutte le ore, fermandosi solo per dormire o per – tentare faticosamente di – scopare, e invita i suoi ospiti ad assaggiare un paté di triplo fegato, un’anatra ripiena, un gateau di patate o un dolce in gelatina: tutte pietanze strepitose di cui lui e i suoi compagni non si possono perdere il gusto, ma che l’ingozzarsi perenne esautora piano piano da qualsiasi piacevolezza.

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La grande abbuffata

Non c’è infatti piacere nella Grande abbuffata, né nulla di piacevole. Il cibo, in primis, appare disgustoso: sembra troppo da reggere, anche solo per chi lo guarda dallo schermo. Il sesso è imbarazzante e appesantito, inadatto ai corpi deformati dall’abbuffata. Le relazioni si fanno presto conflittuali, plasmate dall’emergere degli istinti repressi che i protagonisti liberano, disinibendosi fino a rinunciare all’istinto di sopravvivenza. La morte, pur rimanendo l’unico possibile sollievo, è tremenda e senza consolazioni, soprattutto perché impone ai membri del quartetto di assistere al suicidio dei compagni, dopo avervi in qualche modo partecipato - in particolare nel caso di Ugo.

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La grande abbuffata

Eppure, di cibo esibito fino alla nausea, esattamente come nel film di Ferreri, siamo ancora abituati a vederne molto. Esiste infatti una vera e propria galassia di content creator che basano la loro intera carriera sulla pubblicazione di video in cui si ingozzano di cibo fino a scoppiare – il termine tecnico è mukbang, una parola presa in prestito dal coreano – sulla falsariga di storici programmi come Man Versus Food, ma con una componente solitaria molto più disturbante e incontrollata. Si tratta di raccolti video raccolti tendenzialmente sotto l’hashtag #foodporn, con un riferimento esplicito alla ricerca dell’eccesso in senso pornografico. I contenuti delle abbuffate #foodporn, infatti, annunciano l’esagerazione a priori, facendo scorrere in camera litri di coca cola, montagne di nuggets, colate indefinite di formaggio fuso o caramello salato, confezioni su confezioni di junk food che non vanno a comporre una celebrazione del cibo o dell’edonismo in generale, ma un’ostentazione della smoderatezza che si fa anestetizzante, creando le condizioni di esistenza di un consumo senza limite che di per sé non avrebbe alcun senso – né alcun vantaggio, soprattutto i termini di salute. Da questo punto di vista, già nel 1973 Ferreri raccontava qualcosa di molto simile al fenomeno di pornografia culinaria che oggi riempie internet, in una versione lungimirante e profetica del rapporto tra l’uomo contemporaneo e il cibo, inteso come simbolo di agiatezza e benessere. Se un tempo erano infatti i borghesi annoiati ad avvelenarsi nell’eccesso, oggi possiamo vedere chiunque mangiare fino a stare male in un rito autolesionista che non ha mai raggiunto vette simili.

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La grande abbuffata

La critica di Marco Ferreri alla sovrabbondanza borghese, così tanto ingorda e abituata al benessere da potersi concedere una morte per eccesso, invece che per sottrazione, non ha dunque bisogno di attualizzazioni. Al contrario, questa assuefazione all’eccesso è talmente presente nelle rappresentazioni da cui siamo circondati ogni giorno da risultare completamente normalizzata, quindi incapace di dare scandalo. E la percezione che ne abbiamo, come qualcosa di consueto e tutt’altro che disturbante, va a testimoniare quanto la democratizzazione dell’abbondanza – proprio quella raccontata attraverso il suicidio di Ugo e dei suoi compagni – non abbia avuto come effetto la redistribuzione di ricchezza e di qualità, ma la diffusione di una cultura del consumo immediato, perenne e ingiustificato. Proprio per questo, probabilmente, ci sarebbe ancora spazio per scandalizzarci, anche di fronte a un apparentemente banale video #foodporn.

Autore

Federica Bortoluzzi

Nata nel 1997 in una casa dove la televisione era praticamente un oggetto proibito. Lavorarci, oggi, le sembra quasi un gesto di ribellione. Ha iniziato a scrivere i primi pezzi sul cinema mentre frequentava la facoltà di filosofia, dopo un incontro fortuito con Inseparabili di Cronenberg. Oltre a Film Tv, collabora con varie riviste online tra cui The Vision.

Cibo e consumi

locandina Dillinger è morto

Dillinger è morto

Drammatico - Italia 1969 - durata 95’

Regia: Marco Ferreri

Con Michel Piccoli, Anita Pallenberg, Gigi Lavagetto, Annie Girardot

in streaming: su MUBI Amazon Channel MUBI Rai Play

Se vuoi vedere un altro capolavoro di Marco Ferreri che indaga il senso di degradazione borghese, utilizzando il cibo in chiave simbolica.
locandina Delicatessen

Delicatessen

Grottesco - Francia 1990 - durata 99’

Titolo originale: Delicatessen

Regia: Jean-Pierre Jeunet, Marc Caro

Con Dominique Pinon, Marie-Laure Dougnac, Jean-Claude Dreyfus, Karin Viard, Ticky Holgado, Anne-Marie Pisani

Al cinema: Uscita in Italia il 20/11/2023

in streaming: su Google Play Movies Amazon Video iWonder Full Amazon channel MUBI Amazon Channel MUBI

Per scoprire una critica grottesca alla società dei consumi che mette al centro il rapporto tra uomo e cibo.
locandina Monty Python - Il senso della vita

Monty Python - Il senso della vita

Grottesco - Gran Bretagna 1983 - durata 98’

Titolo originale: Monty Python's - The Meaning of Life

Regia: Terry Jones

Con Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Eric Idle, Terry Jones

in streaming: su Google Play Movies Amazon Video Apple TV Chili

Un personaggio per certi aspetti simile ai protagonisti della Grande abbuffata, e altrettanto disturbante, è il Signor Creosote, ideato dai Monty Python per questo film.
locandina The Whale

The Whale

Commedia - USA 2022 - durata 117’

Titolo originale: The Whale

Regia: Darren Aronofsky

Con Sadie Sink, Brendan Fraser, Samantha Morton, Ty Simpkins, Hong Chau, Huck Milner

Al cinema: Uscita in Italia il 23/02/2023

in streaming: su Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Apple TV Chili

Un film che esplora la dipendenza da cibo in chiave intimista, mettendo lo spettatore di fronte a una continua abbuffata autodistruttiva che, per il protagonista, è la risposta a un’irrefrenabile pulsione di morte. Qui abbiamo anche analizzato il finale del film.