L’amore romantico è probabilmente il prodotto culturale più venduto nella società occidentale. Sono stati cinema, letteratura e televisione a insegnarci come dovevano essere i nostri primi amori – assoluti, esclusivi, definitivi, tendenti a un tempo eterno che sembra plausibile solo da adolescenti. E ancora, se ci viene chiesto del nostro primo amore, la domanda è sempre fatta a partire da un chi, mai da un cosa; così che la risposta esiga immancabilmente un nome proprio di persona.

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Primo amore

Ognuno di noi di certo ha in mente un nome, per rispondere a questa domanda, ma si penserebbe a tutt’altro se la richiesta fosse: “Cos’è stato il tuo primo amore?” – ad esempio, quel desiderio che abbiamo assorbito e di cui ci siamo letteralmente infatuati, fino a non riuscire a smettere di rincorrerlo nel senso più romantico e struggente del termine. Qualcuno magari potrebbe rispondere che il primo amore è l’immagine di se stessi da adulti, esattamente quella che i nostri genitori, quando eravamo piccoli,  speravano di vederci diventare una volta cresciuti. Il primo amore – inteso in questo senso laterale – di Vittorio, protagonista dell’omonimo film di Matteo Garrone e interpretato da Vitaliano Trevisan, ha invece a che fare con un desiderio di controllo che esige la magrezza dei corpi. Non il suo, ma quello delle donne che frequenta, e a cui solo attraverso il monitoraggio del peso sulla bilancia riesce ad attribuire delle caratteristiche degne di stima e affetto: la disciplina e la sua declinazione che sfocia nell’obbedienza cieca, la propensione al sacrificio e all’abnegazione.

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Primo amore

Il primo amore di Sonia, che nel film inizia una relazione con Vittorio, al contrario, risiede probabilmente nel desiderio di compiacere chi la circonda, e da ben prima di incontrare lui, nella fattispecie. Una propensione che si incastra perfettamente con l’ossessione del suo futuro compagno, a cui basta pronunciare un “Ti immaginavo più magra” durante il loro primo incontro per convincere Sonia a rincorrere un’immagine più leggera e sottile rispetto a quella con cui lo specchio restituisce i suoi 57 chili di peso, in modo da poter conquistare e meritare l’amore di un uomo da cui si ritiene riamata.

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Primo amore

In Primo amore, a partire da queste premesse, Garrone ripercorre infatti un rapporto che oggi definiremmo “tossico” – con un termine ormai abusato, ma di certo pregnante all’interno della narrazione –, in cui l’obbligo alla magrezza che Vittorio impone a Sonia, convincendola che questo sia l’unico modo per essere degna del suo amore, è il sintomo di “un’intossicazione” propria dell’attuale cultura dominante, ben oltre una mania individuale, quella che ascrive al raggiungimento di un ideale di corpo perfetto anche la possibilità, per qualsiasi donna, di conquistare ben altri obiettivi, la sua posizione sociale e lavorativa, ma anche il suo valore in senso assoluto.

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Primo amore

In questo senso la magrezza nel racconto di Garrone diventa, prima per Vittorio e poi per Sonia, lo snodo fondamentale di un racconto di “vita provvisoria”, come la chiamava la psicoanalista svizzera Marie Louise Von Frantz. Un termine con cui la studiosa indica uno stato emotivo di passaggio, una perturbazione, per la precisione quel momento della vita in cui si è convinti che tutto sia in pausa in attesa di raggiungere un risultato ipotetico nel futuro: quando sarò ricca, allora sì che...; quando sarò in carriera, allora sì che...; quando sarò magra allora sì che... sarò amata, nel caso di Sonia. Vittorio, in questo senso, viene raccontato dal regista come l’archetipo di chi opera sul femminile un potere di sottomissione per sineddoche, usando la parte per il tutto, ossia partendo proprio dal corpo femminile, e rendendo poi Sonia in qualche modo una complice, dopo aver instillato in lei il desiderio di abitare una fisicità diversa, anche quando ciò implica enormi sofferenze.

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Primo amore

Di qui, il percorso di formazione tracciato nel film si avvicina scena dopo scena a un percorso di deformazione corporea, fatto di tutte le violenze che Sonia si auto-infligge per dimagrire, dopo che Vittorio riesce a isolare la loro relazione in un casale della campagna veneta, quella silenziosa, dimenticata, costellata da paesini quasi indistinguibili tra di loro, dove il tempo sembra rimanere sempre sospeso, per quanto statica e solitaria è la vita di chi vi abita da sempre; e per quanto estranea e trascurabile è la presenza di chi vi abita da poco.

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Primo amore

Dapprima, Sonia inizia la sua riduzione ai minimi termini con il classico taglio delle calorie. Poi, passa alle dita in gola per vomitare. Ancora, prende l’abitudine di muoversi nervosamente e costantemente, anche ripetendo solo un piccolo gesto con le dita della mano, per non interrompere mai il consumo calorico. Vittorio segue i suoi “progressi” come una guida, prendendosi cura del tarlo che ora condivide con la compagna e che la sta divorando da dentro, per mantenerlo vivo tra i desideri di Sonia. La postura inscalfibile che Trevisan conferisce al suo personaggio – liberamente ispirato al libro autobiografico Il cacciatore di anoressiche, con cui Marco Mariolini, nel 1997, confessò vent’anni di aggressioni a giovani donne causate dalla sua ossessione per la magrezza – persegue il suo obiettivo attraverso il corpo di Sonia senza alcun tentennamento o bisogno di spiegazioni. Infatti Vittorio parla pochissimo, e se si esprime lo fa al massimo attraverso i gioielli antropomorfi dalla magrezza giacomettiana che confeziona nel suo laboratorio da orafo. Comunica la sua ossessione per oggetti, materiali, forme – attuandola senza spiegarla – e non la giustifica mai a parole, perché sente di non dover legittimare in alcun modo i mezzi che utilizza per condurre la compagna alla versione più perfetta e desiderabile di ciò che è.

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Primo amore

Le dritte che impartisce a Sonia per velocizzare il suo dimagrimento, non a caso, sono le stesse che si leggono nei blog pro ana – forum online dove le utenti, principalmente donne, si scambiano consigli per mantenere una magrezza estrema, riferendosi al proprio disturbo del comportamento alimentare come una forma di elezione –, blog che continuano a infestare internet, nonostante gli sforzi portati avanti dal movimento della body positivity. In Primo amore, infatti, si percepisce un contrasto bruciante tra il controllo ossessivo del peso come pratica estremamente degradante e l’incapacità della nostra cultura di smettere di considerare la magrezza come un fattore nobilitante, al punto che la maggior parte delle donne ha probabilmente imparato sin da bambina a ritenerla una caratteristica necessaria, da imporre al proprio corpo e da integrare nella propria identità. Il climax di dolore a cui Sonia si sottopone nel film crea infatti una similitudine tra le tecniche di dimagrimento e la tortura, sottolineando come la ragazza ne sia sì agente in prima persona, ma in certo qual modo anche mandante – dato che questo ruolo compete a Vittorio, in primis, ma al di là di lui come esecutore specifico, a un certa concezione culturale e sociale: quella che aggrava l’iniquità di genere e mette in atto il doppio standard riservato ai corpi maschili e femminili, con i secondi sempre lontani dalla perfezione con cui sono costretti a confrontarsi, portando intrinsecamente con l’imperfezione una colpa che invece è totalmente sconosciuta ai primi.

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Primo amore

L’ossessione di Vittorio, così come i commenti che si leggono sui blog in cui migliaia di ragazze fanno di tutto per tenersi stretta la propria fissazione per il peso, sono quindi emanazioni di un inganno culturale: quello che ha reso la bilancia uno strumento di sottomissione – per dirlo con le parole dell’autrice femminista Naomi Wolf in Il mito della bellezza, “una cultura fissata con la magrezza femminile non rappresenta un’ossessione per la bellezza femminile, bensì per l’obbedienza femminile”; un inganno culturale che sceglie l’ossessione per la bilancia proprio per la sua presa universale, dato che qualsiasi donna, anche se molto magra, può sempre desiderare di esserlo di più se la diminuzione del peso le viene venduta come il passepartout per sentirsi accettata e realizzata.

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Primo amore

La vera ribellione di Sonia, in Primo amore, inizia infatti quando la ragazza rinuncia a corrispondere con l’immagine di lei che vive nei desideri di Vittorio – non così dissimili dalle pretese che l’iconografia del nostro tempo applica al corpo femminile –, e decide di compiere il gesto estremo di mangiargli dal piatto, in modo rabbioso e scomposto, durante una cena al ristorante. Come se stesse finalmente sostituendo l’istinto di un desiderio personale al primo amore di qualcun altro, rendendosi conto che questo amore non la riguarda, soprattutto nella misura in cui nel suo nome le viene venduta la convinzione che sia normale, o addirittura giusto, farsi così male.

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Primo amore

Autore

Federica Bortoluzzi

Nata nel 1997 in una casa dove la televisione era praticamente un oggetto proibito. Lavorarci, oggi, le sembra quasi un gesto di ribellione. Ha iniziato a scrivere i primi pezzi sul cinema mentre frequentava la facoltà di filosofia, dopo un incontro fortuito con Inseparabili di Cronenberg. Oltre a Film Tv, collabora con varie riviste online tra cui The Vision.

Ossessioni

locandina L'imbalsamatore

L'imbalsamatore

Drammatico - Italia 2002 - durata 101’

Regia: Matteo Garrone

Con Ernesto Mahieux, Valerio Foglia Manzillo, Elisabetta Rocchetti

Al cinema: Uscita in Italia il 07/09/2002

in streaming: su Apple TV

Uno dei primi film di Matteo Garrone, incentrato su una storia d'amore disfunzionale.
locandina La solitudine dei numeri primi

La solitudine dei numeri primi

Drammatico - Italia/Francia/Germania 2010 - durata 118’

Regia: Saverio Costanzo

Con Alba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Isabella Rossellini, Filippo Timi

Al cinema: Uscita in Italia il 10/09/2010

in streaming: su Infinity Selection Amazon Channel CineAutore Amazon Channel Amazon Video Rakuten TV

Un altro film sull'anoressia, con Luca Marinelli e Alba Rohrwacher, la cui sceneggiatura è liberamente ispirata all'omonimo romanzo di Paolo Giordano.
locandina Toxic

Toxic

Drammatico - Lituania 2024 - durata 99’

Titolo originale: Akipleša

Regia: Saule Bliuvaite

Con Vesta Matulyte, Ieva Rupeikaite, Giedrius Savickas, Vilma Raubaité, Egle Gabrenaite, Jekaterina Makarova

in streaming: su MUBI MUBI Amazon Channel

Pardo D'oro al Festival di Locarno 2024, anche lui racconta come l'ossessione per la magrezza sia da sempre uno strumento di sottomissione femminile.
locandina La pelle che abito

La pelle che abito

Drammatico - Spagna 2011 - durata 117’

Titolo originale: La piel que habito

Regia: Pedro Almodóvar

Con Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Blanca Suárez, Eduard Fernández, Fernando Cayo

Al cinema: Uscita in Italia il 23/09/2011

in streaming: su Netflix Basic Ads Apple TV Rakuten TV Timvision Google Play Movies Amazon Video Mediaset Infinity Netflix

Un film che analizza come qualsiasi imperfezione, nei corpi delle donne, sia associata a una colpa.