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Sotto accusa

Regia di Jonathan Kaplan vedi scheda film

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La recensione su Sotto accusa

di Baliverna
8 stelle

Una ragazza viene stuprata da un gruppo in un bar di periferia, tra istigatori e altri che fanno finta di non vedere.

E' un buon film processuale, senza inutili sensazionalismi e senza personaggi eroici, che ha anche il merito di trattare con verità ed equilibrio un tema difficile come quello dello stupro. Il regista ha avuto l'intuizione di non perdersi in orpelli o in meandri della trama, per concentrarsi solo sul processo e sulla descrizione di quell'atto nefando, dei suoi protagonisti e dei suoi complici. E infatti, il dramma dello stupro di gruppo emerge con tutta la sua brutalità e drammaticità.
La Foster dà una buona interpretazione di un personaggio complesso, a metà tra vittima innocente e ragazza con tutti i suoi peccati sulla coscienza. Il suo essere a disagio, il suo soffrire il trauma, l'imbarazzo e la sgradevolezza di dover raccontare quei terribili momenti sono resi efficacemente dall'attrice, qui al massimo del suo fulgore. Anche Kelly McGills, nei panni di un'avvocata abituata ai compromessi ma ora protagonista di un riscatto, è bene interpretata e, con la sua pacatezza, fa da opportuno controaltare all'impulsività della parte lesa.
Infine, diciamocelo, la pellicola ha anche la franchezza di rilevare come, benché agli stupratori non spetti alcuna attenuante, pure la vittima dal canto suo porta una parte di responsabilità. Il fattaccio che avviene è lo sbocco tragico di una serie di leggerezze e imprudenze da parte della ragazza, che mi ricorda il discorso de "La donna del ritratto" di Fritz Lang: rimasi lì ma avrei dovuto andarmene subito, bevvi un altro bicchiere che non avrei dovuto bere, salii da lei quando sarei dovuto tornare a casa mia, ecc. Quando poi il vaso di Pandora è stato aperto, nessuno ferma più il fiume del male. Non a caso, lei ottiene la vittoria proprio quando trova l'umiltà di ammettere tutti i suoi errori, rispondendo al giudice con una franchezza quasi autolesionistica.
Mi hanno colpito i due personaggi pilateschi del ragazzo biondo e dell'altra cameriera, entrambi divisi tra meschinità, egoismo, coscienza di aver sbagliato, e volontà di riparare.
Quanto agli altri, mi pare quasi quasi che la figura peggiore la faccia la turba di chi istiga e aizza i bulli ad abusare della ragazza. Su tutti, veramente odioso è il tipo scuro di capelli (complimenti all'attore); lo scontro nel parcheggio è uno dei pochi momenti di azione del film, ma molto teso e opportunamente disgustoso. E lo stupro stesso riesce ad essere impressionante, specie perché è operato da un gruppo dove si danno man forte l'uno con l'altro. Ancora più impressionante è che episodi simili, oggi, accadano nelle gite scolastiche o fuori dalle discoteche con frequenza allarmante.
Insomma, è una pellicola efficace ed essenziale, che si stacca per molti versi dal cinema coi lustrini degli anni '80. Kaplan fa quadrare il cerchio con questo difficile argomento, e ha anche il merito di farci riflettere.

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