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Bella e perduta

Regia di Pietro Marcello vedi scheda film

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La recensione su Bella e perduta

di FilmTv Rivista
8 stelle

«In questo mondo che ci nega l’anima, essere un bufalo è un’arte». Sarchiapone, bufalotto maschio, dunque destinato al macello perché?non può dare latte e mozzarella, nella terra dei fuochi pronuncia verità per chi sa ascoltarle. La sua esistenza improduttiva, non retribuibile, è un’arte; lo è pure l’esistenza della Reggia di Carditello (in provincia di Caserta, luogo natìo del regista), come Sarchiapone abbandonata a se stessa. Di entrambi, finché è in vita, si prende cura Tommaso Cestrone, pastore e guardiano volontario della reggia borbonica, stroncato da un infarto la vigilia di Natale del 2013. L’edificio che ha custodito, con amorevole e non retribuibile dedizione, è tornato anche per suo merito a essere patrimonio dello stato; Pietro Marcello, che aveva messo Tommaso al centro del suo lavoro, dopo la sua morte devia la macchina da presa - con uno scarto fulminante e cruciale, che in un solo etereo movimento annulla le distanze fra cinema del reale e opera di finzione - puntandola invece su Sarchiapone. Ultimo esemplare, solo in ordine di tempo, di quel bestiario cinematografico che (come spiega Giulio Sangiorgio su Film Tv n. 41/2015) oggi parla dell’uomo mettendosi ad altezza di ruminante. Profeta a quattro zampe in una patria bella e perduta (come recita il titolo citando il Va’ pensiero, in un film che impasta senza soluzione di continuità il suolo fisico con quello letterario dell’Italia risorgimentale; i versi di Gabriele D’Annunzio con il vello delle pecore; la commedia dell’arte con i filmati dell’Archivio Luce), Sarchiapone attraversa un pezzo di Stivale guidato da un Pulcinella che si fa tramite fra mondo e aldilà, ed è in grado - come lo spettatore - di sentire la voce del bufalo. Il cui nome pianta le radici nella letteratura campana dell’epoca barocca e arriva fino allo sketch di Walter Chiari che fu sintesi ironica dell’italica arroganza e ignoranza: un’ellissi folgorante che racchiude nello sguardo liquido, nel discorso rassegnato e lucido dell’animale il ritratto di una nazione. Con l’ausilio in sceneggiatura di Maurizio Braucci - che, da Gomorra ad Anime nere, passando per Reality e Piccola patria, è collaboratore di alcuni fra i più acuti, e geograficamente ficcanti, sguardi cinematografici sull’Italia di oggi -, Marcello compone un’elegia fatta di terra e di aria, che risostanzia nella materia del cinema, nella grana della pellicola, lo spirito del suo prematuramente scomparso ispiratore, la sua visione non compromessa.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2015

Autore: Ilaria Feole

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