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King Arthur: Il potere della spada

Regia di Guy Ritchie vedi scheda film

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La recensione su King Arthur: Il potere della spada

di solerosso82
6 stelle

La leggenda di Re Artù (Charlie Hunnam), da orfano abbandonato nei sobborghi malfamati di Londra, a leader della grande Inghilterra. L’iniziazione di un eroe accompagnato nella sua guerra e nelle visioni di un passato tragico e apocalittico dai suoi più fedeli alleati, tra cui Sir Bedivere (Djimon Hounsou), Goosefat (Aidan Gillen), Percival (Craig McGinlay), Tristano (Kingsley Ben-Adir), la giovane maga (Àstrid Bergès-Frisbey) e Rubio (Freddy Fox), contro la sete di potere affamata dalle forze del male dello zio Vortigern (Jude Law), vendicando così il padre Uther Pendragon (Eric Bana) e la madre barbaramente uccisi.

 

Stroncato eccessivamente dalla critica americana decretandone un inevitabile flop al botteghino (su cui si potrebbe aprire un’intera discussione non solo sul ruolo di aggregatori come metacritic e rotten tomatoes in una società fortemente internet-dipendente, ma anche della qualità dei recensori “2.0” da essi selezionati, fashion blogger scarsamente preparati come /film, deadline, ecc.), il film di Ritchie, regista dallo stile di grande impatto visivo, dal montaggio frenetico e poco convenzionale (per questo motivo piuttosto divisivo anche tra il pubblico) reinterpreta il mito maloriano col suo inconfondibile tocco d’ironia e glamour british. “Tamarrizzando” la figura di Artù, Mosè postmoderno più simile a un grezzo hooligan di periferia o a un combattente di mix martial arts, impersonato con grande presenza scenica dal bel Charlie Hunnam sfoggiando doppio taglio e barba patinati come i guerrieri seriali di Vikings o Trono di Spade, accompagnato (sulla scia di blockbuster corali come Fast & Furious o Rogue One, tanto per citare i più recenti)  da una bizzarra combriccola di anti-eroi, futuri Cavalieri della Tavola Rotonda.

Strizzando l’occhio più allo stile video-ludico di uno Zack Snyder per gli epici combattimenti in cgi e l’uso del ralenty a servizio di un'esaltazione estetica della mascolinità, senza dimenticare la lezione fantasy di Del Toro e Jackson, Ritchie trasforma abilmente l’esposizione narrativa (il personaggio che spiega la scena allo spettatore) in flash-forward briosi, divertenti e abilmente coreografati, in un avvincente viaggio di formazione, talvolta rallentato da sospensioni non sempre congegnali, in particolare quelle con protagonista un Jude Law meno ispirato del solito. Ottimo, infine, l'intero cast di attori, tra cui spicca in particolare Aidan Gillen, mentre, i più attenti, possono scoprire il cameo di David Beckham, nella parte di un soldato al servizio di Vortigen.

Mentre i recensori/twittomani a stelle e strisce dall’hashtag tagliente  gridano allo scempio (senza probabilmente aver mai letto in vita loro né Malory, né Shakespeare, né Scott, ma pronti all'occasione a tirarli in ballo armati di wikipedia con la tenacia del Fuffas di Maurizio Crozza e l’autorevolezza ipse dixit di moderni Aristotele della critica), Richie confeziona con autoironia un paradigma seppur imperfetto (ma lungi dall’essere infame) dell’intrattenimento seriale contemporaneo, che attinge con scaltrezza personaggi e luoghi tipici del fantasy televisivo e blockbuster.

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