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Italy in a Day - Un giorno da italiani

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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La recensione su Italy in a Day - Un giorno da italiani

di scandoniano
8 stelle

Italy in a day” è un film sperimentale. Non figlio di una sperimentazione tecnica, bensì di una innovazione sociale: il promotore dell’operazione è Gabriele Salvatores che lascia la sceneggiatura, la fotografia, il sonoro, e addirittura la regia stessa ai migliaia di italiani che rispondono al suo appello di filmare la propria giornata, il 26 ottobre 2013. Lo scopo è quello di dipingere il paese e comunicare attraverso un documentario il reale volto dell’Italia di oggi. Non ci sono statistiche o articoli giornalistici che tastino meglio il polso del paese che i filmati autentici degli italiani stessi: Salvatores punta in questo modo al cuore dell’Italia, mostrando il ricco e il povero, la madre neofita e il figlio con genitore colpito da Alzheimer, lo studente e il pensionato, il lavoratore ed il disoccupato, la ragazza che non vuole alzarsi dal letto e l’astronauta che si è alzato in volo. Solo due aspetti non vengono toccati: la politica e la disabilità. Forse perché la prima, alla gente comune, non interessa affatto, e la seconda è troppo scomoda per essere affrontata da chi non deve conviverci quotidianamente.

È un film che cronologicamente va dall’inizio alla fine di una stessa giornata, ma che a ben guardare spazia talmente tanto da arrivare a trattare anche l’inizio e la fine dell’esistenza, il principio e la conclusione dei rapporti personali e sociali. “Italy in a day” è un progetto, concepito sulla falsariga di quanto già fatto altrove (Gran Bretagna, Giappone), e prodotto da Ridley Scott, che si plasma attorno alla realtà nostrana toccando tutti quei temi, banali forse ma senz’altro peculiari, che caratterizzano il Belpaese, come l’arte, la musica, il territorio, il cibo.

Qualcuno lo ha chiamato film social, altri film collettivo. Certamente è un film non convenzionale e, senza tema di smentita, un film-verità; la verità raccontata da 44 mila persone che hanno voluto dare il proprio contributo alla causa (chi per il semplice gusto di apparire, chi con intenti più nobili), tutti certamente accomunati dall’intento, lo si dichiara nell’incipit e lo si intuisce in alcuni tratti, “di rispondere ad alcune domande” proposte dall’autore, con Salvatores ad architettare, supervisionare al montaggio, ma soprattutto promuovere l’opera (e quest’ultima forse è la fatica più grande, specie per l’importanza della funzione sociale alla base dell’iniziativa).

In definitiva un film coeso, tendenzialmente improntato sulla par condicio, tanto che non c’è uno squilibrio geografico, sociale o ideologico: tutto viene montato in maniera asettica, delegando la territorialità delle realtà narrate esclusivamente all’interpretazione del dialetto o delle cadenze dei protagonisti. Un film neo-neorealista, più alla Visconti che alla De Sica, in cui si intrecciano varie umanità, in cui, come spesso accade, le vicende che maggiormente emozionano sono quelle più strettamente legate alla vita ed alla morte. Un’operazione interessante ed emozionante. Un film da guardare costantemente a bocca aperta.

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