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L'assalto

Regia di Ricky Tognazzi vedi scheda film

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La recensione su L'assalto

di mm40
3 stelle

Giancarlo, imprenditore lombardo con trent’anni di onorata carriera alle spalle, a seguito della crisi economica vede sfuggirgli la situazione di mano: creditori alla porta, debitori insolventi e una sola proposta seria di aiuto – ma è quella della ‘ndrangheta. Dapprima Giancarlo la accetta, poi anche grazie alla famiglia e agli amici, decide di liberarsi da quella ingombrante presenza. Ovviamente non sarà affatto semplice.

Viva l’Italia e viva gli italiani, popolo di santi, navigatori e imprenditori operosi, profondamente attaccati al benessere dei loro dipendenti e desiderosi oltre ogni dire di versare fino all’ultimo centesimo di tasse, che ogni tanto si associano con la mafia, ma poi si accorgono dell’errore commesso, tornano sui loro passi e tutti si vogliono bene: L’assalto è una pellicola decorosissima dal punto di vista della confezione, a cavallo fra cinema e televisione (e pensata per il piccolo schermo, produzione Rai Fiction), ma dai contenuti francamente un po’ troppo retorici e pertanto poco convincenti. Un’interpretazione ben riuscita, ma ugualmente incolore per Diego Abatantuono, chiamato a vestire i panni di un personaggio più simbolo che persona reale, poco approfondito in scrittura; bravo l’inteprete, ma più di così non poteva purtroppo fare. Al suo fianco fra gli altri nel cast si trovano Thomas Trabacchi, Ninni Bruschetta, l’immancabile (con Abatantuono) Ugo Conti, Camilla Semino Favro, Paolo Mazzarelli, Luigi Maria Burruano e Roberto Zibetti. I problemi principali dell’opera, apprezzabile fuor di ogni dubbio per l’impegno che tenta di trasmettere, risiedono come notato nella sceneggiatura, che pure reca quattro firme: quella di Claudio Fava, quella di Francesco Raniero Martinotti, quella di Monica Zapelli e quella del regista. Già, il regista: Ricky Tognazzi, ormai sempre più a suo agio dietro la macchina da presa e che anche in questa occasione sceglie di non comparirvi davanti; dopo Il papa buono (2003) e, più recentemente, Il caso Enzo Tortora (2012), la carriera del primogenito di Ugo Tognazzi sembra lanciata nel mondo del piccolo schermo, settore fiction dai contenuti ‘civili’. 3,5/10.

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