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Interstellar

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Interstellar

di barabbovich
6 stelle

In un futuro imprecisato, ma intorno al 2060 (una battuta nel film permette il calcolo approssimativo), la terra è spopolata, i viveri scarseggiano, le coltivazioni di grano che potrebbero sostentare la popolazione superstite sono devastate dalle continue tempeste di sabbia e anche il mais, unica risorsa alimentare disponibile, sembra non avere un destino felice. Così Cooper (McConaughey), ingegnare aeronautico vedovo che nel frattempo si è dato all'agricoltura, viene richiamato dalla NASA per un viaggio interstellare che mira a trovare altri pianeti che possano ospitare l'umanità superstite. Ma si tratta di un viaggio contro il tempo e l'attraversamento di wormholes, buchi neri e campi gravitazionali che curvano lo spazio è l'unica strada percorribile affinché la missione possa andare a segno prima che anche i due figli di Cooper siano morti.
Ancora una volta con Interstellar Christopher Nolan sembra volerci dimostrare di essere lo Stanley Kubrick del ventunesimo secolo, il regista che più di ogni altro riesce a coniugare progetti finanziariamente faraonici con idee extra-large e innovative. Questo è il suo 2001 odissea nello spazio (ma il confronto tra i due è improponibile: quello era un capolavoro, questo decisamente no), nel quale la relatività di Einstein incontra la gravità quantistica di Weinberg e il concetto di anomalia di Thomas Kuhn: un viaggio fantastico (con molte "licenze poetiche") nella fisica dell'iperspazio che permette al protagonista di ritrovare a distanza di anni la figlia, che aveva lasciato adolescente, ormai vecchia. Ancora una volta, se la distopia di Nolan è un potente ammonimento sul nostro destino, sviluppata attraverso un plot originale e accattivante, con intarsi di cinema sublime (l'inseguimento del drone, l'approdo in un altro mondo, il montare di un'onda gigantesca e la lunga sequenza nella quinta dimensione), il film, alla maniera di Inception, soffre di un eccesso di ambizione, intellettualismo e tortuosità, che sembrano aver spinto il regista verso un'ipertrofia narrativa da rompicapo (la "sua" cifra stilistica, come è stato per Memento e The prestige, nonché, ovviamente, per Inception) con tratti decisamente prolissi (l'attracco della navetta all'aerostazione orbitale) e altri insopportabilmente stucchevoli (il tormentone che "solo l'amore trascende lo spazio e il tempo"). Con un paio di attricette (Hathaway e Chastain), una dose di melassa e un'ora di meno rispetto alle due e cinquanta di durata saremmo forse qui a parlare di un capolavoro.

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