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La vita oscena

Regia di Renato De Maria vedi scheda film

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La recensione su La vita oscena

di FilmTv Rivista
7 stelle

Un film in cui la voce narrante (quella dalla dizione idiosincratica di Fausto Paravidino) ha più spazio e peso dei dialoghi. Un film ambientato non si sa bene quando (dagli anni 70 si piomba ai nuovi grattacieli milanesi) e dove (da Milano si salta alla Sapienza di Roma). Un film dove si passa dai sofficini (ripresi in voluttuoso primo piano) al dungeon di una mistress (asettico come l’interno di un frigorifero; e va ricordata en passant la presenza di Anita Kravos, sorprendente body artist mutante nel cinema italiano contemporaneo). Un film tratto da un romanzo di Aldo Nove, uno scrittore che si sarebbe ritenuto infilmabile, per la sua capacità di fare poesia con la prosa, di usare il linguaggio non come uno strumento ma come la cosa in sé. Un film che esce a quasi un anno dalla prima a Venezia 2014, che ha patito problemi distribuitivi, e non si capisce bene perché, con tutta la fuffa che è uscita nel frattempo; o meglio si capisce fin troppo bene: è un film poco narrativo, visivamente e acusticamente sperimentale, dove Daniele Ciprì, Jacopo Quadri e DeProducers sono liberi di dare il loro meglio. Un film, forse, cui ha nuociuto l’associazione con un’aura di scandalo che poi non c’è: le scene di sesso sono girate come in un film di inizio anni 70, quasi stridono in questa epoca di hard banalizzato, e l’unico dubbio è se sia stato fatto per evitare divieti o se sia una scelta coerente con un immaginario, appunto, retrò. È sempre bene evitare i discorsi autorialisti: De Maria ha fatto cose insolite (Amatemi) e detestabili (La prima linea). E a fortiori, di fronte a La vita oscena, vanno dimenticati i nomi e le firme, anche quella di Nove (che pure è cosceneggiatore), per lasciarsi stupire e catturare. La storia di un giovane che perde la famiglia, resta solo, va alla deriva, scrive poesie che non gli servono per ancorarsi alla vita, sogna di ritrovare la famiglia dopo avere tentato goffamente l’autodistruzione e il suicidio in una non-stop di cocaina e sesso a pagamento. Non la tragedia di un ragazzo ridicolo, ma il sogno impossibile e straziante della normalità. Ovviamente non l’ha capito nessuno.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 23 del 2015

Autore: Alberto Pezzotta

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