Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
Se l’essenziale è invisibile agli occhi, Silvio Soldini va al cuore senza accecarci coi fari della retorica sulla disabilità. Nell’urgenza di creare una coscienza spontanea della mancanza spegne pure la luce dentro al tunnel della metropolitana: gettandoci in pasto ai rumori di fondo per il tempo che basta a vederli affiorare in superficie. Come sensazioni che diventano cose, comprensibili tangibili aggirabili. Vivibili. Il documentario, nato dall’incontro con un fisioterapista non vedente e nutrito dai racconti di una sfilza di persone che non hanno (più) paura del buio, è un’opera antididascalica che entra in punta di piedi nelle stanze per illuminarne l’arredamento quotidiano: la sorridente ritualità di una coppia che prepara la cena intuendo il grado di cottura delle spinacine, il rasoio che percorre sicuro le guance di un uomo. La gestualità diventa fiducia, ma resta la voglia di mettersi in gioco: semplicemente, giorno dopo giorno. Gemma suona il violoncello e vince gare di sci, la mamma le detta i libri di scuola per ricopiarli in braille. Felice fa lo scultore, ci mostra un autoritratto in cui è bendato dalle dita affusolate di una donna, passa il palmo della mano sul volto del suo bambino. Luca compone musica e ferma il sentimento del paesaggio in fotografie scattate con un metro diverso. Mica ce l’hanno tutti i ciechi, la sensibilità: lo dice lui e lo pensiamo noi, perché le immagini offerte non restituiscono sagome di superuomini o sopravvissuti. La forza del Soldini documentarista sta qui, in una naturale catarsi del punto di vista.
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