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Die Welt

Regia di Alex Pitstra vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Die Welt

di MarioC
7 stelle

Die Welt è quello al di là del mare. Se non proprio l'imperialismo americano, che almeno sia la striscia di terra introdotta da Lampedusa. Abdallah ed i suoi sogni ovvero come (non) fuggire dalla Tunisia post-rivoluzione.

Il mondo gira, e questo si sa. Il problema è quando gira su stesso, riportandoti al punto di partenza, facendosi beffa di sogni e speranze e riconferendo al mare, che dovrebbe essere reale spartiacque di vite e futuro, il suo semplice, universale, e in fondo inutile, ruolo di distesa d’acqua.

 

Abdelhamid Nawara

Die Welt (2012): Abdelhamid Nawara

 

Nella Tunisia del 2011, brulicante e un po’ confusa dopo la Rivoluzione dei Gelsomini ed il limbo politico-sociale che ne è seguito, il giovane Abdallah (“schiavo di Dio”, come bisogna dire a chi non ne conosca il significato in quanto proveniente da quel mondo al di là delle acque) si ingegna in lavoretti di piccolo cabotaggio, impastandoli con l’orgoglio della propria appartenenza: quale noleggiatore di DVD masterizzati, ad esempio, si rifiuta di cedere ad un cliente “Transformer 2”, in quanto espessione e summa dell’imperialismo, quello stesso che tuttavia non impedisce ad Abdallah di accompagnare il povero cibo con Coca Cola, né di sognare, in una delle immagini di alterità destinate ad essere cancellate dal mare di cui all’inizio, intere distese di bevande dolci e frizzanti. Ha sogni di fuga che, alimentati dai racconti fantasiosi degli amici e conoscenti su un Eldorado chiamato Europa, così vicina eppure così lontana, diventano concreti dopo la conoscenza occasionale di una turista olandese. Benchè il padre abbia sperimentato la realtà di quell’altro mondo, riportandone impressioni di non totale magnificenza (o quantomeno di assoluta e non riducibile diversità), Abdallah riuscirà ad organizzare una fuga che si risolverà in un breve girotondo e che lo ricondurrà al punto di partenza, là dove impazzano gli incerti notiziari politici sul futuro del paese.

Il giovane regista di origine tunisina gira con uno stile veloce ed essenziale, a volte indugiando sui visi di chi racconta Die Welt (peraltro virandoli su un verde un po’ desaturato che è facile definire di speranza) e regala un piccolo trattato del malessere imploso di una generazione che non ha avuto, e forse non avrà, tempo e modo di coltivare serre di speranza. Quando la cugina dice: “Tutta la Tunisia è su Facebook”, Abdallah le risponde che non sa di quale paese ella parli, salvo poi ricercare, nella miriade di volti che costituiscono l’alveare ed il reticolato di una possibilità di conoscenza realmente universale, un particolare ed un cenno che possa ricondurlo a quella donna che rappresenta ai suoi occhi l’unica effettiva via di fuga. Altre scene rimandano l’eco soffusa di un tempo post-rivoluzionario: la frugale spesa al supermarket, che viene giustapposta a quella opulenta della coppia altoborghese, i sempre più perfetti dispositivi mobili che tuttavia costano inevitabilmente troppo, le foto del patriarca che testimoniano di un’antica bellezza, passe-partout esportabile ed atout forse irripetibile.

 

Un’operina più che dignitosa, questa Die Welt, un breve concerto per speranza ed illusioni che si chiude con la beffarda ouverture di un passato che, ostinatamente, non vuole farsi da parte.

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