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We Are What We Are

Regia di Jim Mickle vedi scheda film

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cazzeggiatore del millennio

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La recensione su We Are What We Are

di cazzeggiatore del millennio
8 stelle

Le atmosfere del film d'autore senza pretese di pesantezza o noia, tensione che cresce e si sfoga in un finale dove la bellezza delle immagini rende l'orrido alla perfezione.

Il finale del secolo

Una famiglia alle prese con un lutto.
Le atmosfere sono spettacolari, la sensazione è di guardare un film di Bergman, naturalmente quello è un maestro troppo profondo e questo è un film non troppo pretenzioso, però qualcosa comunque lo può insegnare: non per forza se il ritmo è lento allora significa che il film dev’essere noioso. Dialoghi solenni, inquadrature lunghe eppure tutto ha un proprio perché e anzi, si starebbe addirittura a guardare ciascuna immagine nello schermo all’infinito tanto pare tutto nasconda un significato nascosto.
L’atmosfera è perfetta, inquietante, sempre oscura, piove spessissimo ed interessante è l’immagine di un America che non è solo città enormi e fracassone, anzi, il paesino dove la famigliola protagonista vive sembra essere stato dimenticato in qualche epoca sconvolta dal tempo, fuori da tutto.
L’atmosfera nella famiglia è forse ciò che veramente disturba, dà veramente fastidio. Una tensione palpabile soprattutto nel rendersi conto di come i membri si struggono nel lutto, ma soprattutto nel vedere gli esili e pallidi corpi delle figlie forzate al digiuno che sembrano perennemente piegati dall’influsso dell’imponente padre. Oppressione ancora più spietata per il fatto che le due adolescenti, a tratti, esplodono di vita dovendo poi sempre richiudersi nella propria malinconia.
Un film che divora dall’inizio, prima dall’incomprensibile atmosfera rotta dalla brutalità della morte della madre, poi dall’addentrarsi in meccanismi familiari incomprensibili dove fin da subito si percepisce la sensazione di mistero.
Un film forse più thriller che d’orrore nello svolgimento ma, per la regola che il finale divora tutto nel suo svolgersi, forse è più giusto definirlo proprio d’orrore: un finale spettacolare nel suo essere orrendo, immagini indimenticabili dove tutto sembra assumere qualcosa di più profondo, quasi magico.

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