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Tutti i rumori del mare

Regia di Federico Brugia vedi scheda film

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La recensione su Tutti i rumori del mare

di millertropico
8 stelle

Federico Brugia, sicuramente più noto per i suoi videoclip e gli spot che hanno riscontrato un ottimo successo, ha avuto l'occasione di debuttare sul grande schermo nel 2011 con questo interessante lungometraggio (ovviamente non scevro da difetti come quasi tutte le opere porime, ma molto appasionato e coinvolgente) che ha vinto il premio speciale della giuria al festivadi Annecy.
Il terreno scelto (partciolarmente ambizioso), è quello del thriller psicologico condito in salsa polar.
La pellicola si muove comunque  a più livelli, e questo rende ancor più complesso (e accidentato) il percorso narrativo di una storia che si sviluppa In molte direzioni, e cangia sovente le sue tinte che non sono solo "nere" (e gioca molto sulle atmosfere dense, intimiste, sfumate e rarefatte, ritmate sui controtempi dell'on the road rivelatore che diventa a suo modo anche un'esperienza privata di formazione), che sembrano voler spingere il pedale verso il viaggio esistenziale e la ricerca di un nuovo, più confacente sviluppo di un'esistenza ai margini e della quale probabilmente alla fine sappiamo troppo poco.
Il protagonista della storia è un uomo senza nome (un killer di professione che non ha identità e non vuole averla).
Quasi una "fuga"  da se stesso insomma la sua, un estremo tentativo per provare ad annullare definitivamente il suo passato e trovare una nuova  soluzione esistenziale che metta fine (o determini semplicemente una pausa rigenerante) al suo profondo male di vivere, che lo porterà a incrociare il suo destino con una donna che si chiama Nora, come la protagonista di "Casa di bambola" di Ibsen (sicuramente un'altra scelta programmatica tutt'altro che casuale) insufficinete però  per fargli finalmente superare il confine, inquadrare le cose in una differente panoramica e dimensione, cambiare le regole che hanno fino a quel momento ritmato la sua esistenza e trovare così il coraggio e lorza per disobbedire agli ordini.
La tavolozza di Brugia (classe 1967) è particolarmente affascinante, e trova una speciale linfa vitale nella presenza di inquiete presenze ed enigmatici caratteri: piena di dettagli, è  incalzata dalla voce fuori campo (non troppo invadente per fortuna), ma al tempo stesso, risulta essenziale, sospesa e quasi scarnificata.
Cromaticamente variabile  come la sua storia,la pellicola ha al suo attivo un finale abbastanza imprevedibile, vivacizzato dalla splendida interpretazione vocale di Malika Ayane che sui titoli di coda, canta "Grovigli" , direttamente preso in prestito dal suo Album "Ricreazione".
UIl voto più pertinenete sarebbe comunue di *** e mezzo, )ne ho assegnate quattro semplicemente perchp è comuqnue abbastanza al di sopra della semplice sufficienza nonostante qualche scompenso.

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