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Beyond the Hill

Regia di Emin Alper vedi scheda film

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La recensione su Beyond the Hill

di alan smithee
8 stelle

Un bell’esordio da parte del regista turco Emin Alper, impegnato a raccontare con ritmo lento ma anche con un certo stile, acerbo, timido e trattenuto ma già percettibile, una storia di dissidi tra confinanti; rancori per il mancato rispetto dei limiti territoriali, ira per il mancato riconoscimento delle zone consentite per far pascolare gli animali.

La vicenda, che porta inesorabilmente alla tragedia e ad una risposta armata, vede come protagonista (e in questo particolare sta il punto più interessante e seducente del film) solo una delle due parti contendenti: quella rappresentata dalla guardia forestale in pensione Faik, che vive isolato in una splendida valle rocciosa coltivando e allevando bestiame assieme alla moglie. Nel momento in cui uno dei suoi due figli viene a trovarlo con i due nipoti, l’uomo uccide per sprezzo e sfida la capra di un gruppo di nomadi che abitualmente pascola ai limiti del suo confine, preso da un raptus per un ennesima appropriazione abusiva della sua terra da parte di quel gruppo irrispettoso di vicini. Quell’atto costituirà la goccia che farà traboccare il vaso nel delicato equilibrio tra l’agricoltore e un famigerato popolo che nel film viene sempre citato e mai fatto vedere (un po’ come i Tartari del “deserto” di Buzzati, una presenza solo magnetica e simbolica che fa accrescere anche nello spettatore uno stato di attesa che, magari con una regia più scafata e matura, avrebbe potuto trasformare il film in un vero e proprio thriller, senza correre il rischio di sminuirne il valore con sviluppi più commerciali ed appetibili alla massa). Un film invece deliberatamente fatto di attese e di preparativi, di ansie e comportamenti bizzarri, come non possono non saltare all’occhio negli atteggiamenti straniati e sognanti che assume sempre più incontrollatamente uno dei nipoti del protagonista, l’affascinante ma problematico Zafer, ragazzo dalla mente ormai in fumo per gli shock mai superati e patiti durante il servizio militare: il giovane, immerso nel suggestivo panorama roccioso e selvaggio che ospita il patriarca della sua famiglia, accusa visioni ripetute di antiche marce militari nei boschi, faticose epopee che tanto lo segnarono nel suo recente passato.

La vendetta che stagna nell’aria diviene palpabile e lo scontro si fa imminente, inevitabile. Il film non ha una conclusione compiuta, ma si congeda con una sola stupefacente inquadratura in cui da lontano la macchina da presa segue gli uomini superstiti della famiglia impegnati nell’atto di valicare la ripida rocciosa montagna che li porterà probabilmente faccia a faccia con il misterioso implacabile nemico. Un esordio interessante, che avrebbe avuto forse il bisogno di un po’ più di coraggio, di un cineasta magari forte di esperienze maturate nel tempo, in grado di coniugare  ed osare anche dal lato pulp o puntare eventualmente ad un accenno più marcato di atmosfere western/horror, in una stimolante contaminazione che a mio avviso si sarebbe coniugata bene ed adeguatamente con la bellezza abbacinante del panorama mozzafiato che fa da cornice a quel teatro di guerra, senza banalizzare troppo una vicenda ed un contesto che fanno di tutto per rimanere nei limiti di un realismo quasi smaccato e alla lunga un po’ pesante.

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