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Le avventure di Zarafa. Giraffa giramondo

Regia di Rémi Bezançon, Jean-Christophe Lie vedi scheda film

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La recensione su Le avventure di Zarafa. Giraffa giramondo

di OGM
8 stelle

Esotismo infantile che vola leggero sopra la banalità. La fiaba diventa avventura dribblando i facili sentimentalismi per abbracciare senza timore la sofferenza, il lutto, la delusione. L’amicizia tra un bimbo africano e un cucciolo di giraffa è l’inizio di una storia la cui protagonista è la separazione, l’incertezza del futuro, l’ingiustizia che costringe gli uomini a sradicarsi, facendo loro perdere gli affetti e la propria identità culturale. Il forzato allontanamento dalla terra d’origine è il dramma che colpisce le prede dei mercanti di schiavi (come la piccola Soula), ma anche Zarafa, offerta dal pascià d’Egitto come dono al re di Francia. Un omaggio pensato per accompagnare una richiesta di aiuto militare contro l’invasione turca. Gli interessi dei potenti mercificano la vita dei deboli, mettendola al servizio delle loro ambizioni: uno sporco gioco diretto dai capi delle nazioni, ma al quale partecipano anche i loro popoli, lasciandosi trascinare nell’illusoria ebbrezza del progresso, che si esprime attraverso le mode, i miti del momento, le sensazioni passeggere. Basta l’arrivo di una nuova attrazione allo zoo di Parigi, perché una giraffa, un ippopotamo, uno struzzo si alternino, nell’immaginario collettivo, come oggetti di venerazione feticistica. Anche la fame di meraviglia è una manifestazione dell’ingordigia dell’era industriale: lo dimostrano i turisti che, a costo di sentirsi rivoltare lo stomaco per la vertigine, fanno la fila e pagano il biglietto per salire sull’aerostato del vecchio Malaterre e ammirare la ville lumière dall’alto. Sono la controparte civilizzata di quei pirati che attraversano il Mediterraneo seguendo la stessa mongolfiera, sulla quale pensano si trovi un tesoro di inestimabile valore. La differenza è che il senso del possesso di quei predoni non prescinde del tutto dai principi morali: Bouboulina ed i suoi uomini sono gente rozza e senza scrupoli, eppure hanno un codice d’onore da rispettare. Sul continente, invece, ci sono soltanto lupi voraci, che infestano le foreste innevate, e gente che, nelle città, vive inseguendo cinicamente il benessere. Il sovrano francese è, insieme alla sua corte, il caricaturale capostipite di un’umanità abbrutita dall’abbandono delle primitive ragioni del cuore, che trovano nella natura selvaggia il loro habitat. Maki e Zarafa vengono da lì, anche se una vicenda di guerra ed avidità li ha obbligati ad abbandonare il deserto per imbarcarsi  su un mezzo volante. Quello strano velivolo, apparentemente ispirato ai movimenti degli uccelli migratori, sfida audacemente le leggi fisiche ed accorcia distanze che, in assenza di pace ed uguaglianza, sarebbe meglio restassero invalicabili. Un’invenzione che precorre i tempi, e compare in un’epoca non ancora pronta ad apprezzarne i benefici. Solo  i “buoni” della situazione sapranno utilizzarla come strumento di salvezza e di vero progresso, al termine di un viaggio disseminato di ostacoli artificiosi, tutti derivanti dall’oscurantismo pseudoscientifico della modernità. Il racconto volutamente inciampa, senza tregua, in una “cattiveria” che si presenta sotto la sofisticata veste dell’incongruenza, della superficialità, della miopia, in forma a volte innocua, a volte micidiale. Un discorso che potrebbe scorrere tranquillo, semplice ed innocente, viene invece inutilmente spezzato. Una poesia primordiale si inerpica, suo malgrado, per un sentiero angusto e tortuoso. E ci insegna, come in tutte le più belle favole, che la felicità “a portata di mano” è quella che, in realtà, si incontra solo alla fine di un lungo giro di giostra.  

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