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Woody

Regia di Robert B. Weide vedi scheda film

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La recensione su Woody

di alan smithee
8 stelle

Straordinario e prezioso documentario in cui il celebre regista concede spazio - per la prima volta - lui così riservato, schivo e maniacale, ad una troupe consentendo di filmarlo mentre a sua volta filma, scrive e prende appunti; un Woody Allen che, grazie all'amicizia col regista Robert B. Weide, si concede persino a qualche domanda, scherza col suo intramontabile sarcasmo sulle paure sue e del mondo intero ("Cosa ne pensa della morte" domanda a Cannes un giornalista: "sono decisamente contrario" risponde lui con la massima naturalezza).
"Woody" e' un diario di vita che inizia come un film di Woody Allen: musica jazz vivace d'altri tempi con i titoli di testa con la grafia identica a quella dei film che da oltre un trentennio il regista ci propone con un ritmo a dir poco frenetico: pare di veder apparire da un momento all'altro la tradizionale apertura con: Jack Rollins e Charles H. Joffe presentano....(proprio costoro intervengono poco dopo in vari spezzoni di interviste, insieme ad altri produttori, attori e conoscenti) e poco dopo tutto ha inizio: il film ripercorre tutta la vita del celebre artista sin da ragazzo, utilizzando per l'occasione immagini dallo splendido gioiellino semi-autobiografico di Radiodays, percorrendo le tappe che da scrittore di esplosive e divertentisseme batture per conto terzi, lo portarono in poco tempo a scrivere la sceneggiatura di "Ciao Pussycat" e quindi alle prime fortunate regie. Un cineasta completo per necessita', in quanto il desiderio di occuparsi di dirigere, sceneggiare ed interpretare fu dovuto proprio alla esigenza di evitare che l'ingerenza degli Studios portasse a snaturare un opera cosi' come il grande regista la concepisce dalla sua nascita. E fa davvero tenerezza vedere ancora oggi questo esile settantenne che raccoglie appunti su pezzi di carta, che scrive sempre ed ancora con la stessa macchina per scrivere Remington degli esordi, studiando stratagemmi ingegnosi per un "copia/incolla" non certo virtuale come quelli che oggi pure un bambino di prima elementare riesce ormai tranquillamente a fare col pc.
E man mano che il film procede nel racconto, scorrono le scene del Woody Allen che ho conosciuto nelle sale durante i miei venti/trent'anni: il Woody anni '80 e '90 che ogni anno sfornava se non un capolavoro (Zelig, La rosa purpurea, Hanna e le sue sorelle, Crimini e misfatti, Settembre, Un'altra donna, Pallottole su Broadway), certamente comunque un grandissimo film. Ad un certo punto il regista spiega pure come gli fu anche consigliato da alcuni produttori, durante uno di quei momenti di stanca creativa, di diradare un po' il suo lavoro per creare maggior attesa sul pubblico, evidentemente un po' assuefatto; ma il regista confessa: "ho deciso di puntare sulla quantita' perche' sono convinto che in questo modo ho piu' possibilita' di riuscire a creare il capolavoro che ho sempre desiderato fare e che non sono mai stato capace di fare": cosi' (piu' o meno) si giustifica il cineasta riguardo alla sua sostenuta produttivita', ma tutti noi sappiamo che Woody Allen non potrebbe mai fermarsi di girare, perche' il tempo dedicato al cinema (cosi' come quello dedicato al clarinetto o ad altri interessi) fa parte di un suo modo maniacale ma anche scaramantico di organizzarsi la sopravvivenza dalle mille insicurezze di una vita che cerca l'intensità e la frenesia per non doversi fermare a guardare indietro; per evitare di pensare che se non si vive allora vuol dire che si e' morti e piombare nell'angoscia piu' completa, sempre in agguato e da combattere con l'ironia e il sarcasmo.
E' un bel documentario molto completo quello di Robert B. Weide, che non trascura ovviamente anche tutto il capitolo personale che culmina con il noto e scandaloso episodio della contesa con Mia Farrow - compagna per quasi un ventennio ed interprete ideale di molti tra i suoi piu' riusciti films - dei figli, naturali ed adottivi, dopo gli scoop sulla love story tecnicamente (e moralmente per alcuni) impossibile con la sua attuale compagna di vita, nonché ex figlia adottiva. 
Certo quello che piu' interessa noi cinefili e' l'opera di questo grande regista, e vedere uno dopo l'altro i suoi (molti) gioielli che caratterizzano buona parte della sua produzione, fa venire almeno un po' di nostalgia di quei tempi, in cui ogni anno era una piacevole sorpresa ritrovare nelle sale un nuovo Woody Allen; oggi con gli ultimi film a spasso (o in vacanza, come malignamente ma non a torto sottolineato da qualcuno) per il mondo ci viene da tremare ogni volta all'uscita di una nuova opera, per paura in incorrere nuovamente in stupidaggini come Vicky Christina, in sciocchezzuole solo accattivanti come Midnight in Paris, o in sciagure inguardabili come l'ultima innominabile avventura romana, sulla quale per fortuna il documentario, girato prima, sorvola elegantemente.

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