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Un milione di giorni

Regia di Manuel Giliberti vedi scheda film

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La recensione su Un milione di giorni

di gisavignano
8 stelle

Si racconta il percorso di vita, i valorila passionee i disagi delle protagoniste.Un interessante film del cosiddetto

cinema d'autore: «Un milione di giorni

»

 produttore Camillo Esposito ;

attori protagonisti: Luchino Giordana

(figlio d'arte) ed Evelin Famà.

Il cast ha visto anche

 Nino Frassica, Galatea Ranza, Chiara

Caselli, Piera degli Esposti, Mita Medici,

Lucia Sardo. Le musiche di Antonio di

Pofi. Il film è stato girato in Sicilia. La

fotografia è stata curata da Gianni

Cigna.La trama tratta di alcune storie di


donne in Sicilia, protagoniste di un

momento cruciale nelle loro rispettive

vite congiunte indissolubilmente a quella

del proprio uomo, e legate a quelle

delle altre protagoniste, e che si intrecciano

grazie a un anello che passa di

mano in mano attraverso i secoli, un

milione di giorni appunto. L'anello, filo

conduttore alle storie, passa da una

donna all'altra, secolo dopo secolo.

Una umanità, quelle delle

storie, che trova nelle donne un’ àncora

di salvezza. L’unica vera anima che

potrà salvare questo mondo. E la Sicilia,

come metafora. Sempre.

La Sicilia stessa è donna e madre, la sua

anima è donna. Ed è questo che si

vuole mostrare con le storie raccontate

nella sceneggiatura. Momenti a tratti

drammatici, ma spesso divertente e ricche

di comicità ed ironia.

Si racconta il percorso di vita, i valori,

la passione e soprattutto i disagi e dolori

vissuti da queste donne . A rappresentarli

sono le stesse protagoniste. Un

dramma che coinvolge donne diverse

ma accomunate dalla medesima

volontà di sperare in una condizione

migliore di vita, anche a costo di dover

sacrificare i propri affetti e desideri.

Figure femminili di “normale” straordinarietà.

Perché, come si suol dire, dietro

ogni grande personaggio, maschile,

c’è sempre una donna che spesso ha

sacrificato la propria vita per dare spazio

a un uomo.

Usare il termine grande generalizza le

capacità di una persona uomo o donna

che sia. Accade che sono, a volte, le

stesse donne che si trovano l'uomo

“sbagliato”. Come quando dietro ad una

grande donna può esserci una fila di

arrampicatori sociali e viceversa...

Certo non significa che la donna debba

asservirsi all'uomo, anzi, tutt'altro: in

teoria, quasi una sorta di binomio vincente

che farebbe bene ad entrambi. Un

uomo e una donna diventano grandi

quando si stimano reciprocamente.

Non solo dietro grandi uomini ci sono

grandi donne, se poi alla mente eccelsa

della donna si unisce quella del suo

compagno, il gioco è fatto. Da sottolineare

che la grandezza dell'uomo si

deve a che una grande donna ha
saputo fare un passo indietro purché


lui facesse una grande carriera.

Un dato statistico: circa 15 per cento

delle donne ricopre posizioni dirigenziali.

Una disparità con gli uomini

ancora troppo stridente.

Per Engels i problemi delle donne

nascono per le stesse ragioni e subiscono

le stesse forze che hanno dato

origine alla società di classe e alla

proprietà privata.

L'antropologia insegna che le donne

possono trar profitto e sviluppare, in

tal modo, le loro capacità e i loro

talenti solo in una società comunitaria

basata sull'uguaglianza sociale .

Nel film emergono indimenticabili

ritratti di donne (e di uomini) colti nel

magma interiore dei loro sentimenti o,

per dirla con Musil stesso, nella «logica

scivolosa dell'anima».

Tutti i personaggi dei racconti sono

trascinati dagli istinti, la loro coscienza

sembra avvolta da una luce ambigua

che anticipa quella del Doppio

sogno freudiano nel libro di Arthur

Schnitzler.

Doppio sogno racconta la vicenda di

due coniugi viennesi, Albertine e

Fridolin, che si ritrovano davanti alle

rispettive ambiguità.

L’uno vive colorando la realtà con le

tinte del sogno, l’altra trasformando il

sogno in realtà.

Una grande attenzione nel rappresentare

il rapporto tra i sessi che, per

certi versi, ha inaugurato la letteratura

contemporanea.

Non c'è dubbio che il regista Giliberti

conosca bene Leonardo Sciascia e

Gesualdo Bufalino, magistrali interpreti



della letteratura isolana nella

loro incessante ricerca della sicilianità.

A un'analisi attenta delle opere

dei due scrittori, ci si accorge come,

al fine di recuperare la sicilianità, essi

ricorrano frequentemente a tutta una

serie di riferimenti, analogie e concetti

di teatro, che potrebbero essere

facilmente assimilati alla tragedia

greca classica. L'analisi di tante contraddizioni

e tensioni significative è

l'oggetto principale di questa ricerca .

La Sicilia si presenta come una terra

misteriosa dove luce e lutto, allegria e

fatalismo, Eros e Thanatos, sembrano

compenetrarsi a vicenda, assumendo

un carattere cosmico e universale.

La Sicilia «offre la rappresentazione di

tanti problemi, di tante contraddizioni,

non solo italiani ma anche europei,

al punto da poter costituire la metafora

del mondo odierno».

Emergono indimenticabili ritratti

colti nel magma interiore d

ei loro sentimenti o, per dirla

con Musil stesso, nella «logica

scivolosa dell'anima»

Sulla trama

Trama : mentre passeggia con la servetta
Concettina (Evelyn Famà) che non
esita a dileggiarlo, un duca siciliano
(Nino Frassica) racconta le storie di
donne nel giorno più significativo della
loro vita, evidenziando come sia radicata
in Sicilia la famiglia matriarcale e
quale sia il ruolo che le figure femminili
hanno avuto nel corso della storia,
spesso costrette a sacrificarsi per
lasciare spazio a un uomo. La prima
storia racconta di come Franca Florio
(Galatea Ranzi), nonostante la sua condizione
privilegiata di moglie di un
ricco industriale palermitano, si
annoiasse e fosse infelice; la seconda
ha come protagonista Costanza
d'Altavilla (Chiara Caselli), che in piena
epoca borbonica ha partorito il figlio
Federico in piazza a Jesi per dimostrare
come la sua maternità seppur tardiva
fosse autentica; nel terzo racconto,
invece, una prostituta (Giulia Golino)
che si finge modella riesce a posare per
il quadro "Seppellimento di Santa
Lucia" che Caravaggio dipinge mentre
si trova ospite di un amico a Siracusa;
la quarta vicenda, infine, ha per protagonista
una donna (Piera Degli Esposti)
che i suoi compaesani considerano
come una santa e a cui si rivolgono per
ottenere grazie divine.
La santa. Una delle tante festeggiate in
Sicilia in diverse paesi e città. Ma quelle
sante che, come si dice in Sicilia “non
sudano”, sono (e sono state) comunque
donne. E infatti la nostra Venerata non
sa staccarsi dalla realtà. Dalle passioni
quotidiane. Riscoprendo una vanità
troppo umana. Ma quella sua voglia di
festa è soltanto il desiderio per mettere
in mostra i difetti di una Sicilia
(come metafora, sempre) degli Anni
Cinquanta. 

Sulla colonna sonora

Compatibile,armoniosa e coinvolgente.

Cosa cambierei

Quasi nulkla : il film appare ben integrato e temporalizzato.

Su Manuel Giliberti

La regia è di Manuel Giliberti: siracusano,
ma romano d’adozione.
Il regista è un architetto, impegnato
soprattutto nel campo del restauro e
della realizzazione di interventi di
riqualificazione di strutture ed edifici di
valore artistico.
Alla sua attività professionale affianca,
con altrettanta passione, quella di scenografo
e regista teatrale e cinematografico.
Il suo impegno ha inizio negli
anni Ottanta, in teatro.
Successivamente, dal 1995 inizia stabilmente
a lavorare nel settore cinematografico
e pubblicitario. Collabora con
registi quali Hugh Hudson (premio
Oscar per “Momenti di Gloria”),
Krystoff Zanussi, Aurelio Grimaldi,
Felice Farina, Nello Correale, Maurizio
Nichetti. Esordisce da regista con
“Giovanni falcone, i giorni della speranza”
(evento speciale nel 2002 al Festival
di Taormina).
Successivamente, nel 2006, con il film
“Lettere dalla Sicilia” vince il Globo
d’oro della Stampa estera, il premio
come miglior film al S.F. Festival di
Miami, e beneficia di numerose menzioni
e di ulteriori premi in altri festival italiani....
Dalla Sicilia sono attratto e dalla Sicilia
sono respinto. Attratto perché le sue
radici sono troppo forti, perché ha una
natura dentro che ti lega a qualcosa
che magari non esiste, è più che altro
l’idea di un modo di sentire, di essere.
Respinto perché, appunto, sono troppi i
tradimenti quotidiani, le brutture, le
miserie alle quali questa terrà è sottoposta
al punto tale da farne “altro”
rispetto a ciò che dovrebbe essere.

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