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Venuto al mondo

Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film

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La recensione su Venuto al mondo

di LAMPUR
4 stelle

Si può venire al mondo in tanti modi - questo fondamentalmente il messaggio mazzantiniano -, ma pure i film possono venire al mondo svariatamente concepiti: chi dal nulla, con script e sceneggiatura originali, chi a ricasco di romanzi più o meno stratificati, di quelli magari anche poco adatti al grande schermo ma che, volendo proprio insistere nel trasporre, abbisognerebbero perlomeno di registi scafati e giocolieri dell'adattamento.

E non ci sembra questo il caso, in presenza di una storia dai toni dall'eccessivo ed irreale taglio drammatico - fin troppo direi -, dove anche il tomo da 500 e rotte pagine induce spesso e volentieri all'aggrottamento sopracciliare.

Il film tende a mantenere le sviolinate emotive sfrondando col macete tutto il resto, ed allora daje di flashback ed incastri spazio temporali fino a rintronarci al punto da perdere il filo e pure l'ago... mentre il libro furb(etto)astro, sotto il velo amorevole sorretto da tragedia reale, cela la sorpresa tesa a commuovere, ma è comunque cosparso di morbide sfumature che assuefanno il lettore.

La protagonista spiega ad un certo punto, con poetica allegoria, che desidera un figlio per legare a se il proprio uomo con un “anello di carne”; ora, a chi non avesse letto il libro, gli sviluppi della pellicola sembrano abdicare quasi inspiegabilmente alla missione, atteggiamenti e ripensamenti possono apparire quanto meno poco decifrabili, lo stesso finale, che non riveliamo, riesaminato a freddo desta perplessità.

Interrogativi comuni anche al solo lettore ma frazionati, tra le pagine, in un'atmosfera meno frenetica, gestiti con le esatte pause, addomesticati sull'onda di una presa di coscienza che si plasma e sopravvive adeguandosi agli andirivieni temporali in graduale e coinvolgente simbiosi.

Un romanzo che avvita lentamente i turbamenti, smussando gli spigoli e rendendo, se non accettabili, almeno vagamente plausibili le inversioni ad u e le stravaganze emotive che viaggiano, non di rado, sottilmente ubriache.

Il film svita invece, assottiglia, accelera, confonde, rendendo forzatamente volubili e dissociate anche le interpretazioni poco coadiuvanti della goffa Cruz ( ep pensa se non la doppiavano!!...), dell'irritante Hirsch, dell'impalpabile Castellitto padre e del lacunosissimo e raccomandatissimo Castellitto figlio. Sprecato infine Luca De Filippo chissà come coinvolto come semi macchietta di padre sui generis ...

 

 

 

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