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Weekend

Regia di Andrew Haigh vedi scheda film

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Leo Maltin

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La recensione su Weekend

di Leo Maltin
7 stelle

Russell è un bel ragazzo. Ha gli occhi e i capelli scuri, un accenno di barba gli orna il mento. Il suo migliore amico è Jamie, con cui di fatto è cresciuto, essendo orfano di entrambi i genitori: quindi per lui si tratta di un vero e proprio fratello elettivo. Russell presta servizio come bagnino in una piscina. È un ragazzo timido e romantico.

Una sera in cui si sente più malinconico del solito, anziché rincasare come aveva pensato e detto poco prima a cena con altre persone, egli entra in un locale per gay: è perfettamente ovvio in quanto a Russell piacciono i ragazzi, quindi è altrettanto normale che l’abbia fatto. Una volta lì, la sua attenzione viene attirata da qualcuno in particolare, il quale però sembra non ricambiargli l’interesse. Nell’inquadratura successiva scopriamo che Russell ha effettivamente passato la notte con questo ragazzo conosciuto per caso al locale. Egli si chiama Glen e ha una vena artistica oltreché una parlantina davvero disinibita.

Il titolo del film fuga ogni dubbio: le righe descrittive succitate rappresentano i prodromi di una breve e intensa storia d’amore tra i due ragazzi. Ma allora cosa avrebbe di diverso dagli innumerevoli altri casi d’innamoramento raccontati (d)al cinema? Questo lungometraggio – scritto e diretto dal regista, che l’ha anche personalmente montato – si sofferma con una delicatezza di tocco davvero rara nel cinema contemporaneo, a fronte delle parole aspre e forti adoperate da Glen: proprio a lui infatti spetta il ruolo di psico-sociologo accusatorio nei confronti di un contesto piccolo borghese negativamente inteso. La mdp accompagna il cammino emotivo di questi due giovani come un invisibile ma presente terzo amico, silenzioso, attento osservatore e ascoltatore della loro vicenda sentimentale. Non a caso chi scrive insiste nel rimarcare la preponderanza dei sentimenti in questa storia d’amore: infatti, nel corso del film, sono solamente due i momenti d’amore dove la passione dei corpi prende il sopravvento, con estrema naturalezza.

Quanto al colpevole ritardo distributivo del film (ben cinque anni dopo la sua uscita) e all’ira tonante della CEI che l’ha bollato come “scabroso”, basteranno le parole del poeta: “I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno/ed è la loro ombra soltanto/che trema nella notte/stimolando la rabbia dei passanti/la loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia” (Jacques Prévert).

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