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Il ragazzo con la bicicletta

Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film

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La recensione su Il ragazzo con la bicicletta

di lao
10 stelle

Nella filmografia dei fratelli Dardenne il frastuono degli inferni urbani non lascia spazio alla musica: né le melodie angeliche dei Maestri né le canzonette leggere distraggono  l’umanità abbruttita dalla miseria materiale ed etica rappresentata nei loro film. Dio allora tace, avvilito, privo di speranze: gli uomini hanno scommesso su di lui, ma lui non scommette più sulla loro bontà e sulla possibilità di un loro riscatto.  In “Le gamin au vélo”, mentre il dodicenne Cyril ( Thomas Doret) spinge con rabbia la sua bicicletta per la vie di una cittadina belga, Dio invece parla e non una volta sola: si ode l’inizio del Quinto concerto per piano di Beethoven, ma è un istante, poi la breve frase svanisce per ripresentarsi ancora a intermittenza. Arte e bellezza aprono squarci inaspettati sull’esistenza di un bene invisibile e immateriale, forse di origine divina e  sulla presenza di una realtà morale oltre le apparenze  scommettono ostinatamente i protagonisti della pellicola degli autori belgi.

“ Perché mi hai voluto con te?” chiede perplesso Cyril, il ragazzino abbandonato dal padre in un istituto,  a Samantha( Cécile de France), la parrucchiera disposta ad accoglierlo durante i fine settima; “Non lo so” è la risposta di lei.  Né l’uno né l’altra sanno dare un nome all’impulso etico che li domina: avvertono però confusamente in sé la prossimità a un altrove, non soggetto alle leggi della società,  ma comprendono che il contatto con esso è precluso  a chi, fatto l’esperienza del male, non sa andare oltre.  Il destino del piccolo   Cyril sarebbe segnato in una vita ridotta a mera lotta per la sopravvivenza, nella quale il forte domina e il debole soccombe: rifiutato dal padre, sedotto da uno spacciatore, non avrebbe storia, se non ci fosse la  bicicletta recuperata  a salvarlo. La bicicletta è lo strumento della liberazione morale, specularmene a come nel capolavoro di De Sica, a cui significativamente il titolo allude,  era la possibilità negata di un affrancamento dalla miseria materiale:  lì la bici veniva rubata, qui viene venduta dal padre, ricomprata da Samantha, poi sottratta a Cyril da un teppista e infine ripresa definitivamente.  Egli pedala con tutta l’energia che un corpo magro di dodicenne gli consente: cosa gli dà la forza di rialzarsi in piedi dopo le violenze morali e fisiche subite? La certezza che quaggiù nel nostro buio mondo arrivi almeno il riverbero dell’armonia delle sfere celesti, la scommessa di Dio sulla bontà degli uomini.

Per confronti e percorsi culturali suggeriti dal film cfv mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it/post/2647148.html

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