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La Faida

Regia di Joshua Marston vedi scheda film

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La recensione su La Faida

di OGM
8 stelle

Una vita dimezzata. Spezzata da una contesa che blocca l’esistenza di un’intera famiglia. Succede ancora ai giorni nostri, in Albania, in virtù di un atavico codice di giustizia contadina, chiamato kanun, che prevede regole precise anche per le vendette di sangue. Nel corso di una lite per una questione di sconfinamento, Mark Landan uccide involontariamente Sokol Bala. Quest’ultimo non voleva che Mark attraversasse il suo terreno con la sua carrozza, usata per portare il pane alle case ed ai negozi della zona. Ed ora nessuno dei parenti maschi ed adulti del presunto assassino può uscire di casa, almeno fino a che questo non verrà messo in prigione. Nik, il suo figlio maggiore, si ritrova così rinchiuso fra le quattro pareti domestiche, separato dagli amici e, soprattutto, da Bardha, la ragazza per la quale aveva da poco iniziato a provare un interesse particolare. Adesso che il padre si è dato alla clandestinità, ricade su Rudina, sua sorella, il compito di procacciare il necessario a sopravvivere: tocca a lei, ora, fare il giro delle consegne, su quel veicolo sgangherato trainato dal fedele cavallo Klinsmann. Per arrotondare, soprattutto a fronte della concorrenza da parte di persone meglio attrezzate, deciderà di dedicarsi anche al commercio di sigarette. Intanto Bora e Dren, i piccoli della famiglia, per timore di rappresaglie non vengono più mandati a scuola, e rimangono anch’essi isolati dal mondo, nell’attesa che una iniziativa della parte lesa, oppure l’intervento di un mediatore, ponga fine a quella situazione di stallo. In questa storia non accade quasi nulla, e per  ovvi motivi, a parte le numerose manifestazioni di una fisiologica voglia di tornare alla normalità. Nik si costruisce una palestra sul tetto della casa, per allenare i muscoli in vista del suo prossimo incontro con Bardha. Ha realizzato con le proprie mani persino il bilanciere per il sollevamento pesi, infilando le estremità di un’asta dentro due blocchi di cemento. Il suo sogno adolescenziale è tenuto vivo con la fantasia e con mezzi di fortuna, ed è coltivato di nascosto, perché, là fuori, il dolore causato da un delitto ha trasformato il mondo in un campo minato. La quotidianità prosegue, in mezzo al terribile vuoto causato dalla paura e dell’odio, ed è resa particolarmente dura dalla noia e dall’incertezza riguardo al domani. L’ambiente esterno diventa, per Nik, il regno di una libertà che ha cessato di appartenergli, ma che continua ad inviargli segnali eccitanti e tentatori, come l’amico che viene a fargli visita a bordo di una motocicletta rimessa a nuovo, o munito di un cellulare di ultima generazione su cui è registrato un videomessaggio dei suoi compagni di classe. Nel contempo comincia a giungergli l’eco delle occasioni mancate, come  quella memorabile festa per il diciott’anni di Klodi, a cui non è potuto andare, ed alla quale era presente Bardha.  L’angoscia che, giorno dopo giorno, lo sta divorando, è il senso di un destino incompiuto, sospeso senza alcuna apparente ragione, e, soprattutto, per un tempo indeterminato, che potrebbe anche essere lunghissimo. Ad un certo punto, Nik si rende conto di non farcela più a starsene seduto in soggiorno davanti a un videogioco, mentre il suo fratellino Dren diventa sempre più irrequieto, sua madre sempre più malinconica, le condizioni economiche sempre più difficili, i nemici sempre più aggressivi, i potenziali amici sempre più imbelli ed irresoluti. In lui finiranno per infrangersi i vincoli morali ed affettivi, quando il desiderio di trovare una via d’uscita si sarà fatto prepotente, incontenibile come certi impulsi  tipici della sua età. Nik cova, in sé, l’energia del rinnovamento, il fermento di una modernità ribelle, che vuole chiudere, ad ogni costo, ed una volta per tutte, i conti con un passato segnato da una mentalità incivile e votata all’autodistruzione. Si impone una scelta estrema, un sacrificio, del quale, però, non è immediatamente chiara la natura. Uno strumento antico può aprire la strada al nuovo. Che inizia quando, in qualsiasi modo, si dice punto e capo. Con La Faida, il regista statunitense Joshua Marston ci ricorda che le storie del cinema balcanico sono racconti di sconfitte: sconfitte  accuratamente passate, però, attraverso il sottile filtro del pensiero, fino a metterne a nudo le crepe emotive che si possono leggere – quasi sempre – come tenui spiragli aperti su un futuro migliore.

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