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L'amore buio

Regia di Antonio Capuano vedi scheda film

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La recensione su L'amore buio

di kubritch
6 stelle

Premesso che è una visione da consigliare, specialmente al pubblico dei genitori e in particolar modo a quelli napoletani, tuttavia, devo dire che sul profilo figurativo, narrativo ed interpretativo mi ha lasciato un po' insoddisfatto. L'ho trovato a tratti politicizzato, pedagogico, didattico, didascalico. Sembra quasi un film su commissione politica – basta leggere l'elenco dei patrocinatori istituzionali - in cui l'intento, per non apparire esplicitamente 'militante' è aggraziatamente dissimulato. Diciamo pure che si tratta di un film di denuncia sociale. D'altra parte mi annoiano quei racconti che indugiano troppo, quasi con un senso di godimento, sul dramma interiore – una prerogativa tutta italiana che si accompagna ad uno spirito di profonda rassegnazione di fronte all'ineluttabilità degli eventi socio-politici ('Non c'è niente da fare, non cambierà mai nulla.' 'Bisogna solo tirare a campare.' 'C'è chi comanda e chi ubbidisce'. 'E' sempre stato e sempre sarà così'.). Il problema dei film di impegno civile è che prevaricando, in modo programmatico, il contenuto sulla forma, l'idea estetica si ruduce a fine di seduzione, a supporto delle teorie esposte. Questa è stata la mia impressione di fronte alla ripresa mozzafiato a volo d'uccello planante sull'isolotto di Nisida, dal campo totale al particolare; oppure riguardo alle immagini in cui si vedono degli scooters sfrecciare rilasciando scie luminescenti. Forse il regista intendeva comunicare la peculiarità di un habitat socio-culturale fatto di contrasti forti, che non conosce i mezzi toni o le mezze misure. Cosa stradetta, tra l'altro. Una città dove la bellezza sfavillante convive con l'estremo opposto di una brutalità istintuale, predatoria; dove giovani poveri ma belli fanno il bagno tra antiche rovine e rocce perigliose; dove un isolotto lussureggiante ospita un angusto istituto di detenzione – ma dotato di tutti i comfort, di locali decorosi e funzionali e di operatori diligenti (è forse un'edulcorazione della realtà? Come dire: il sistema funziona. Non è affatto vero. Il sistema carceraio italiano è penoso. Essendo parte della società fa schifo come il resto, in breve. Il dentro riflette, sempre ed in ogni caso, il fuori e viceversa.). Luci ed ombre, alto e basso, lui e lei, si rincorrono e confliggono sulla scena come nel dipinto 'Le sette opere di misericordia' di Caravaggio mostrato in un punto focale del film ad emblema dell'intera realtà napoletana. La differenza sta nel fatto che in Caravaggio, questo discorso si impone come la chiave artistica dell'opera intera, che si apre ad un significato trascendente, universale non secondario. Nel caso di Capuano, invece, a me è parso che i dialoghi e la trama catalizzassero l'attenzione trascurando il fine puramente cinemaografico. Questo ha generato in me una sensazione di squilibro. Viene meno l'unità espressiva. Sarebbe stata poca cosa il contributo artistico di Caravaggio senza la sua innovazione tecnica, estetica: le prospettive ingannevoli ed elaborate per dare l'impressione di estendersi oltre i limiti della cornice e venire incontro allo spettatore; il gioco drammatico di luci che emergono dal buio dominante ; la scelta, provocatoramente filosofica, di portare alle estreme conseguenze il realismo pittorico usando volti di strada per interpretare soggetti sacri. Inoltre a differenza di Caravaggio, Capuano si auto-censura nella rappresentazione delle azioni più crude, più violente, assecondando un criterio borghese della messainscena. Quel poco di trasgressione è relegata ai dialoghi – la poesia sullo 'scopare'. Parole su immagini. In ciò si avverte la puzza di una committenza istituzionale. E' qui, ne approfitto per dire che è una falsa immagine quella del napoletano anticonformista. La borghesia (implicitamente ipocrita) napoletana è fastidiosamente attiva e dominante ( fascista come dappertutto in Italia) per cui responsabile di una buona fetta dei mali cittadini. I fascisti, consapevoli o  inconsapevoli, sono quelli interessati a giustificare e a mantenere lo stato di bestialità del cittadino comune. Con questo non intendo dire che Capuano sia fascista, per carità; solo che si accomoda, forse inconsapevolmente, allo status quo. Fare il regista, si sà, è brutto mestiere; ha bisogno di sostegno economico che è impossibile ottenere senza scendere a compromessi. D'altronde se è vero che al di là delle vicende dei due protagonisti, montate in parallelo, in sostanza si argomenta su Napoli, il mio occhio ha vissuto con una certa insofferenza il fatto che la macchina fosse tanto addosso ai personaggi da impedirgli di spaziare. Seppure l'idea di base era quella di mostrare una Napoli lontana dai cliché, principalmente come luogo dell'anima, dunque pressoché in ellissi, la visione degli spazi urbani esplorati dalla ragazza, a mio parere, doveva essere un po' meno limitata a muri, androni e porzioni di vicoli. Naturalmente va tenuto in considerazione il significativo montaggio frammentato del dipinto.

In conclusione, la morale del film è che entrambi i protagonisti, uno proveniente dai bassifondi e l'altro dai quartieri alti di Napoli, si riconoscono, e riconoscono un'affinità spirituale in quanto vittime del medesimo caos sociale.

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