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Isolation - La fattoria del terrore

Regia di Billy O'Brien vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Isolation - La fattoria del terrore

di inthemouthofEP
6 stelle

Buon horror irlandese a basso costo che si avvale di buoni attori e di un'ottima fotografia, ma che però si perde ogni tanto per strada a causa di una regia e un montaggio a tratti veramente inadeguati. Prima parte notevole e seconda un po' tirata via.

Non c'è niente da fare: ogni volta che sono un po' stanco o non ho niente di imminente da guardare, mi fiondo a capofitto sull'horror. Specialmente se di Serie B: il più delle volte sono divertenti, intrattengono per un'ora e mezzo buona, non si prendono troppi neuroni del mio cervello e ogni tanto sono veramente sorprendenti.

E così l'altro giorno, tornato a casa stanchissimo dopo una giornata abbastanza piena, invece di andare a letto come molto spesso mi viene raccomandato, mi sono sintonizzato sul canale dell'horror low budget e ho provato a vedere questo "Isolation" (accompagnato in italiano dal banale e puerile sottotitolo "La fattoria del terrore"), un film di produzione irlandese del 2005 diretto da tale Billy O'Brien, regista in pratica sconosciuto omonimo di un pianista e di un portiere gallese ritirato, e che, dopo questo, ha realizzato soltanto un altro paio di misconosciuti film, dei quali ho sentito parlare anche maluccio.

La trama, sebbene non originalissima, incuriosisce parecchio, ed è una specie di mix tra gli stilemi del body horror, La Cosa di Carpenter e, soprattutto, Alien di Ridley Scott: un allevatore, per salvare la sua fattoria che sta cadendo a pezzi, accetta di far condurre al classico scienziato pazzo/egoista degli esperimenti sul bestiame, che hanno come fine la velocizzazione della riproduzione degli animali. Ma qualcosa (manco a dirlo) va storto, e il risultato di tutti questi esperimenti a dir poco azzardati sarà un mucchio di feti deformi di vitello non meglio identificati, che cercheranno di distruggere tutto quello che trovano e, soprattutto, di mangiare e infettare chi si trova nei pressi della fattoria, perché i figli di chi è stato infettato nasceranno inevitabilmente come quei feti deformi. Così si ritroveranno isolate in questo pezzo di terra cinque persone (l'allevatore, lo scienziato, la veterinaria e due giovani amanti in fuga), e ognuno cercherà di sopravvivere e, a suo modo, di non far propagare l'infezione.

Prima di iniziare a vederlo mi ero detto queste esatte parole: "se solo questo horror mi intratterrà per tutta la sua durata, lo giudicherò riuscito".

Ebbene, il film mi ha intrattenuto bene, non ha particolari cali di ritmo al suo interno ed è anche abbastanza godibile nonché molto teso in alcune parti, ma ora che ci ripenso non posso ritenerlo del tutto riuscito. Assolutamente no. Sufficiente sì, perché è divertente e per tanti altri aspetti che ora andremo a vedere, ma riuscito proprio no. Troppo materiale viene sprecato, e c'è tanto potenziale che gonfia e gonfia il primo tempo di quest'opera senza poi avere riscontro in un secondo tempo un po' troppo scontato.

Ma andiamo per gradi: il film parte benissimo, con dei titoli di testa virati sul rosso sangue che si alternano alle immagini di alcune mucche che bevono dall'abbeveratoio, immagini semplici ma efficaci, e sotto sotto anche abbastanza inquietanti.

E la buona partenza diventa ottima, quando mi accorgo che questo film ha una fotografia spettacolare: cupa e cinerea, avvolge la vicenda in un'atmosfera di costante depressione e per tutta la sua durata impedisce di vedere la luce del sole, anche quando l'azione si svolge di giorno; e per di più nelle sequenze al buio l'azione è abbastanza visibile e le figure sono piuttosto nitide. E non mi ha per nulla sorpreso vedere che il direttore della fotografia è Robbie Ryan, che in futuro curerà la fotografia - per dirne solo un paio - anche per Ken Loach ("Io, Daniel Blake", "Sorry We Missed You") e Yorgos Lanthimos ("La favorita").

E ancora maggiore è la mia contentezza nel vedere subito dopo Essie Davis che mette un braccio dentro a una mucca. E mi rende contento perché la scena è tutto fuorché politicamente corretta (e il politically correct è la morte dell'horror) e perché lei è un'attrice bravissima.

Reduce dagli ultimi due capitoli della saga di "Matrix" ("Reloaded", che amo alla follia, e "Revolutions", che odio con tutto me stesso), la Davis è un'attrice sempre in parte che offre spesso interpretazioni molto intense, come vedremo pochi anni dopo nel bellissimo "Babadook", ma non è l'unica in questo film: tutti gli attori sono veramente bravi qui.

E il film continua a ingranare: si capisce che la veterinaria/Essie Davis ha avuto una storia burrascosa con l'allevatore, che i due amanti in fuga che verranno controvoglia coinvolti nel disastro hanno una tremenda storia alle spalle, e si vede che c'è del potenziale. Non solo nella storia, ma nei personaggi stessi.

Ma poi il risveglio. Se infatti il regista crea bene le scene di tensione e riempie di umana fallibilità i suoi personaggi, sempre più profondi grazie a dei buoni dialoghi, egli si rivela del tutto inadeguato nelle scene action, quelle in cui il mostro attacca e noi dovremmo aver paura.

Perché in queste scene più concitate lo spettatore non può fisicamente aver paura, perché la regia, probabilmente anche per motivi di budget, non sa cosa inquadrare quando questo feto attacca le persone, o quando alla mezz'ora la mucca attacca l'allevatore, e il montaggio frenetico e velocissimo completa la frittata, e il risultato sono delle scene velocissime con troppi tagli in cui tutto quello che si vede è un omino un po' grullo che urla a caso perché si intravede qualcosa che gli zampetta addosso. E si capisce bene che con tutto questo casino un film non si può dire riuscito.

Il regista è bravo ad accumulare e accumulare tensione per poi distruggere tutto in scene come queste senza che si veda nulla e senza che la tensione diventi terrore. 

Gli attori e la fotografia cercano di rimediare a una regia e un montaggio a tratti veramente inadeguati, in parte anche riuscendoci.

Oltre alla regia, pure lo sviluppo della storia lascia un po' a desiderare: le spiegazioni sono un po' frettolose, il tema della quarantena per non diffondere il virus troppo abbozzato e i promettenti trascorsi dei personaggi di cui avevamo avuto sentore nel primo tempo si perdono nel nulla.

Peccato. Dispiace anche vedere che lo sviluppo dei nostri protagonisti è veramente insufficiente e poco credibile: lo scienziato che impazzisce è un cliché troppo semplice per essere efficace, il personaggio di Essie Davis è lasciato annegare (nel vero senso della parola), ma in generale tutti i personaggi o vanno incontro a modificazioni del comportamento troppo repentine per essere credibili o vengono fatti fuori subito senza aver espresso tutto il loro potenziale.

E questo è quanto. Un buon film che intrattiene ma lascia un po' delusi, anche per il tema delle mutazioni genetiche che finisce un po' all'acqua di rose. Però dopotutto non mi aspettavo molto di più.

E mi piace pensare che i feti mostruosi, tirati fuori dalla pancia del genitore, stessero cantando questo:

"Eppure l'avverto, ci son vibrazioni, che cosa vedranno tra poco i miei occhi?

 Magari saranno dei corpi di pietra, li sento arrivare, li sento arrivare"

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