Regia di Luciano Capponi vedi scheda film
Nonostante il titolo inglese, Butterfly Zone, pasticcio fantasy metafisico surreale, è tutto roba di casa nostra, girato in un centro Italia da cartolina, con riprese oleografiche e un accompagnamento musicale da tirare sul pianista. Gli attori, nonostante la formazione teatrale del regista esordiente, risultano inascoltabili ma non è solo colpa loro: restituire con efficacia certe battute era impresa impossibile. Si racconta infatti di Vladimiro che, recatosi presso la villa del padre scienziato (Francesco Salvi saggio e fantasmatico) da poco scomparso, scopre una lettera del genitore e una preziosa bottiglia di vino. Quando lo beve con l’amico Amilcare entrambi si trovano in un Aldilà grigio e popolato da personaggi assurdi (tra cui Barbara Bouchet con baffi dipinti...). Ci sono poi un serial killer, ritornato per errore dei due dalle terre dei morti, un’enigmatica setta, che custodisce un potente e misterioso artefatto, e un intrigo di servizi segreti e polizia addirittura straniante. Un’operazione non tanto coraggiosa quanto spregiudicata: né favolistico né avventuroso, mai spettacolare e profondo come un bigino new age infiorettato di fisica, Butterfly Zone ingenera solo un insostenibile imbarazzo.
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