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Wall Street. Il denaro non dorme mai

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su Wall Street. Il denaro non dorme mai

di FilmTv Rivista
8 stelle

Potere, carcere, fama e rinascita. Non è l’iter di un uomo politico italiano - anche perché raramente passano dal carcere, pur meritandolo - ma la parabola di uno dei cattivi più affascinanti e logorroici del cinema moderno: Gordon Gekko. Lo abbiamo aspettato tanto, e Oliver Stone ce lo ripresenta come un reborn che entra a gamba tesa nella New Economy. Il dinosauro che esce dal carcere («8 anni» dice al nuovo delfino, il futuro genero Shia LaBeouf «quando agli assassini ne danno massimo 5») con un cellulare e un anello tanto grandi quanto fuori moda, è già risorto, prima di cadere. Nella sua cella “Greed Is Good”, lo slogan yuppie con cui ci aveva ossessionato nel 1987, diventa il titolo di un bestseller, e nonostante fuori non lo aspetti nessuno, si divide tra ospitate in Tv e lezioni all’università. La sua voce fuori campo ci spiega la Storia vista dal capital cinismo, da docente ci spiega l’economia post 11 settembre. Gekko, come 23 anni fa, è la voce di Stone: arrogante, brillante e demagogica. Ci racconta i demoni del progresso finanziario: prima broker, ora banchieri. Allora demolivano l’economia reale, ora ci sono i titoli derivati, i castelli di carte. Anche qui Gekko deve demolire un rapporto sentimentale forte: lì era quello padre-figlio della famiglia Fox (Martin e Charlie Sheen, che in questo secondo capitolo compare in una scena perfida), qui tra la figlia e il compagno (Carey Mulligan e Shia LaBeouf), un “green” broker che sogna un sistema energetico sperimentale. Sono loro il tallone d’Achille di un film che si scaglia contro le banche, che ne replica i compromessi con la Casa Bianca realmente avvenuti, che affida a Gekko l’analisi di un capitalismo che supera a Sinistra - cosa che all’anarchico Stone capita spesso - pure Michael Moore. Gekko non si fa ingannare, scopre e sfrutta le falle di un’economia sregolata e truccata, rischia di diventare Robin Hood perché l’attuale crisi morale è troppo persino per lui. Stone come al solito è eccessivo, aggressivo, rutilante, ma denuda il re, il dio denaro e ce lo mostra nello squallore di Josh Brolin. Ancora lui.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 42 del 2010

Autore: Boris Sollazzo

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