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Amphetamine

Regia di Scud vedi scheda film

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La recensione su Amphetamine

di alan smithee
6 stelle

Ricco e di successo uno, povero e devastato da antichi traumi il secondo. Potranno amarsi sfidando le convenzioni e gli ostacoli, non solo materiali che la propria mente pone dinanzi? Una storia d'amore diretta molto bene da un grande coreografo dell'immagine e della costruzione visiva, che tuttavia pecca come sceneggiatore,scadendo nello scontato.

-“Qual è la differenza tra amare un uomo o una donna?”

-“Le donne sono come le ipoteche: una volta che firmi, devi continuare a pagare per il resto della vita. Gli uomini invece sono come le polizze: si possono apprezzare già mentre le si sostiene, e prima o poi il rimborso potrà riservare un buon ritorno”.

 

Naturale che a pronunciare questa azzardata ed un po’ faziosa metafora sia Daniel, un manager di borsa di Hong Kong, ricco, giovane bello ed ambizioso, bisex che perde la testa per un insegnante di nuoto eterosessuale suo coetaneo, effettivamente molto attraente, di nome Kafka, dall’omonimo romanzo di Murakami “Kafka sulla spiaggia”, best seller tra i più letti nell’ultimo ventennio.

Tanto il primo vive con consapevolezza la sua natura ed i suoi istinti, quanto il secondo rimane turbato per un sentimento di attrazione che anche lui prova verso l’altro, ma di cui si vergogna e che non è abituato a gestire.

La dipendenza dalla droga da parte di quest’ultimo non fa che peggiorare la situazione e rendere impossibile la salvaguardia di un equilibrio che spiani un ponte che unisca finalmente due vite, come uno dei tanti, maestosi ed avveniristici, che attraversano la baia della grande metropoli, con particolare concentrazione su uno in costruzione, a cui manca solo più un tassello per risultare completo e percorribile.

Scud è un regista eccentrico e visionario che ho conosciuto (cinematograficamente) per la prima volta quest’anno a Torino al Festival LGTB, ove è stato presentato il suo ultimo visionario ed altamente scenografico Utopians.

Amphetamine non è certo da meno quanto a coreografie elaborate ed interessanti, a costruzioni d’ambiente suggestive e dall’alto tasso di erotismo, senza inutili autocensure ma anzi colmo di corpi e nudità ostentate senza falsi pudori.

A mancare un po’ anche qui, anche se il film risulta nella sua globalità migliore di Utopians, è un po’ l’originalità della vicenda, che pure qui si nasconde e rifugia nella melodrammaticità di antichi e terribili ricordi mai rimossi, nel tentativo di superare le problematiche finendo nel baratro senza uscita della dipendenza dalle droghe.

E dunque il film rimane un po’ schiavo di una storiella come tante, pur se nobilitato dalla costruzione di scene visivamente molto ammalianti e momenti onirici piuttosto validi che supportano, anche se non completamente, una vicenda di base (la presa di coscienza ed accettazione della propria supposta diversità, il ricco ed il povero, la dipendenza dalle droghe) già vista ed affrontata mille volte.

Un plauso dunque allo Scud regista, che rende il bravo e bell’attore e modello Byron Pang un semidio da celebrare come in un culto pagano, mentre molte riserve per lo stesso Scud come sceneggiatore, eccessivamente schiavo dei cliché e delle soluzioni melodrammatiche spesso quasi fastidiose e puerili.

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