Regia di Oxide Pang Chun, Danny Pang vedi scheda film
Comincia ad essere complicato e disagevole iniziare le recensioni su certi films con la frase: “Rimango comunque un estimatore di Nicolas Cage”. Perché anche stavolta il Nicolas che non vorremmo mai vedere si autoproduce in questo scempio visivo che aspirerebbe addirittura ad una poetica intimista con risultati semplicemente osceni.
Si, di Bangkok assimiliamo qualche traccia, di quelle che vorrebbero poetizzare cinemando l'anima della città, coi suoi mercatini fluviali ed il caos metropolitano. Di altamente dangerous, invece, c'è la nostra buona volontà che tenta di percepire una pellicola guardabile.
Basterebbe l'incipit iniziale, col Nicolas Cage imparrucchinato e la voce pastosa over che ci narra di uno spietato, ghostdoghiano killer, tutto lavoro e niente anima, tutto proiettili e niente affetti, truce e malinconico, che attende complice il buio rarefatto, su un campanile di Praga, l'arrivo di un pericoloso testimone scortato ai massimi livelli da uno stuolo di auto poliziesche. Arrivati nel garage della gendarmeria, l'uomo scende tra mille precauzioni e viene fatto salire su per i meandri del palazzo fortezza fino ad arrivare, udite udite, in un camerone illuminato a pieno giorno coi finestroni a vetri che danno sull'esterno, e lì fatto accomodare ad una scrivania fronte finestra, praticamente un invito con scritto “sparate pure”.
Potrebbe bastare questa idiozia montalbanesca per lasciar perdere tutto, ma siamo stranamente in buona e continuiamo a sorbirci inseguimenti ridicoli e sparatorie demenziali, passando da mani tagliate a cenette romantiche. Fino al tragico tocco finale. Spero che il mio Nicolas cambi genere ritornando a fare l'omino delle previsioni. Ma con le previsioni non c'azzecco molto neanch'io...
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