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Nenè

Regia di Salvatore Samperi vedi scheda film

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La recensione su Nenè

di LorCio
7 stelle

Mentre il paese si appresta a festeggiare l’imminente, scontata vittoria delle forze di sinistra alle elezioni del 1948, Nené arriva all’improvviso nella vita del cuginetto Ju, che abita in una baracca del centro-nord assieme al frustato padre che non ancora si riprende dalla guerra e non di rado mena ai familiari, alla lamentosa madre che vorrebbe qualcosa di più dalla vita e all’antipatica sorella Pa. S’innamora di Rodi, un mulatto violento, e non si accorge che Ju sta crescendo sotto i suoi occhi curiosi. Ah, che dolor l’amor.

 

Quello che resta il miglior film di Salvatore Samperi racchiude una poetica e un’idea di cinema ben precisa: romanzo di formazione tutt’altro che idealizzato e per nulla edulcorato (raramente nel cinema italiano si è detto che la formazione del ragazzino implica la scoperta delle funzioni alternative di ciò che sta tra le gambe) eppure soave, mai volgare, per niente pruriginoso, è un film dolce ma mai mieloso che coglie bene l’aria del tempo sia da un punto di vista politico e sociale (la festa comunista ha un sapore quasi d’Amarcord, ma con l’odore di lambrusco più tangibile) che da un punto di vista intimo e sentimentale, con bambini realmente ingenui e stupiti dai misteri della carne e dai segreti del cuore.

 

Leggero, profondamente malinconico, ha un finale che rappresenta perfettamente le dimensioni psicologiche dei quattro personaggi coinvolti (Ju, Nené, Rodi e il padre), permettendo allo spettatore una visione totale dell’episodio che non si limita allo sguardo di Ju (con cui, tutto sommato, ci identifichiamo). Da un romanzo di Cesare Lanza (che poi si sarebbe perso un po’ per strada), adattato da Samperi con Sandro Parenzo. Cast inusuale ed intonatissimo, con note di merito a Tino Schirinzi (il padre) e Rita Savagnone (la romantica e triste maestra di Ju). Dulcis in fundo, un inedito Francesco Guccini in colonna sonora: basterebbe da solo il prezzo del biglietto.

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