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Heartless

Regia di Philip Ridley vedi scheda film

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La recensione su Heartless

di alan smithee
6 stelle

Philip Ridley mi ha fatto sognare e gridare (un po' troppo frettolosamente ed emotivamente) al miracolo quando nel lontano 1990 rimasi folgorato dalla sua suggestiva e appassionante opera prima, quel "Riflessi sulla pelle" dai colori sgargianti e vivi che solo un pittore ed artista multisfaccettato come lui poteva concepire, influenzando molto cinema di genere (horror/vampiresco ma non solo) che sarebbe seguito. Purtroppo il tanto strombazzato "Darkly Noon" si rivelò un pasticcio imbarazzante, pur se non completamente privo di momenti e situazioni suggestive. Heartless, opera terza di un regista per passione più che per mestiere, si trova un po' a metà strada tra questi due opposti risultati: e se da un lato è innegabile che ambienti, fotografia e situazioni da incubo metropolitano, riflettono le ossessioni originali ed interessanti di un discorso che Ridley porta da tempo avanti attraverso le molteplici strade espressive che è in grado di affrontare (apprezzai parecchio il romanzo "Gli occhi di Mr. Fury", gotico, eccessivo e baracconesco come piace all'autore), dall'altro è pur vero che c'e' un po' troppa carne sul fuoco per fare in modo che non si bruci nulla. I mostri inquietanti che si annidano nei vicoli di una Londra da incubo ardendo vivi con bottiglie molotov gli sfortunati che incontrano sul loro cammino, rappresentano la degenerazione delle gangband giovanili di teppisti qui anche mostri che popolano la mente, con paure e insicurezze, di una gioventù che teme di non essere in grado di affrontare il confronto con la realtà, di non essere degna di integrarsi con la gente che conta e che riesce, al contrario di loro, a stare a galla guadagnandosi il rispetto degli altri.
Jamie Morgan vive con la madre vedova (e il ricordo indelebile di un padre affettuoso dispensatore di racconti incredibili ed appassionanti) e lavora col fratello in uno studio di fotografia. Soffre per una voglia che gli deturpa parte del viso e del corpo peraltro belli, in una situazione crudele che non riesce mai veramente ad accettare. Fuori nella giugla di cemento del suo quartiere popolare i ragazzi lo chiamano mostro per questa sua macchia scura che gli occulta parte del viso. Non passerà molto tempo per cui venendo in contatto con un losco individuo (che potrebbe benissimo essere la personificazione satanica e tentatrice della propria coscienza), concorderà con lui (venendo ingannato alla grande) un modo per divenire il bel ragazzo desiderato e desiderabile a cui ambisce poi ognuno di noi nella propria esistenza. Ma il prezzo da pagare sarà troppo alto e gli incubi e la violenza molto più reali che nel sogno ad occhi aperti più palpabile. Un viaggio negli inferi della tentazione che gode di buoni ed efficaci momenti tra terrore e suspence, che si alternano a cadute di ritmo o baracconerie kitch ed erotismo risibile altrimenti evitabili. Philip Ridley probabilmente non troverà mai nella regia il modo migliore per esprimere le proprie avvincenti allucinazioni che probabilmente la pittura e la scrittura meglio riescono a manifestare. Allo stesso modo Jim Sturgess probabilmente non sarà mai quel grande attore che ogni giovane promessa nella sua posizione sogna di divenire. Tuttavia il film in parte funziona per quel malessere e quel disagio che riescono a creare nello spettatore, complice e voyeur della macchina fotografica con pellicola con cui gira "armato" il nostro insicuro protagonista". "Darei tutto per tornare a rivivere quei momenti felici con mio padre" confessa il protagonista alla sua giovane bella amica: per questo egli ama la fotografia, quella vera, da sviluppare con la pellicola in una camera oscura: il desiderio di fermare i momenti belli della vita e renderli immortali è il desiderio di eternità di un artista, del nostro protagonista ma pure di Ridley che voglio pensare si sia immedesimato molto in questa storia a tratti più profonda e meno superficiale di quanto non possa apparire dopo una frettolosa visione.

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