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Agente Hunt - Missione Siberia

Regia di Andrei Kavun vedi scheda film

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La recensione su Agente Hunt - Missione Siberia

di Maciknight
5 stelle

Un action movie di fabbricazione russa che non ha nulla da invidiare a quelli made in USA come machismo e dinamismo ma con meno mezzi e giocattoli tecnologici di cui far sfoggio. Vedibile e godibile, senza pretese ma con una sua dignità.

Un action movie di fabbricazione russa che non ha nulla da invidiare a quelli made in USA come machismo e dinamismo ma con meno mezzi e giocattoli tecnologici di cui far sfoggio, forse per realismo, essendo ambientato in remote regioni siberiane al confine con la Cina, dove è già difficile riuscire a telefonare. Si differenzia anche per un maggior senso dell’ironia e della narrativa fumettistica (l’agente dei reparti speciali incaricato della missione, in fondo è una specie di supereroe, umanizzato alla russa), non si prende troppo sul serio, anche se il tenore esagerato ed a tratti perfino esasperato, la crudeltà e spietatezza di alcune scene, è addirittura maggiore a quelle cui ci hanno abituato le produzioni occidentali. Credo faccia parte della fatalistica cultura russa, un senso della morte che scorra parallela alla vita, per cui quest’ultima in fondo ha un valore relativo e perderla è un rischio che si può correre, e conta molto di più dimostrarsi uomini dotati di dignità e rischiare di morire, piuttosto che vivere da vili e proni per sopravvivere qualche giorno in più. L’attore protagonista è una specie di Daniel Craig russo mentre il suo antagonista è un immancabile psicopatico, borderline all’inverosimile, che non prova dolore, non teme nulla e si sente onnipotente. Una specie di elohim biblico moderno, un signore feudale medievale (la vita in questi territori parrebbe ferma al medioevo) che dispone del potere di vita e di morte su tutti coloro che gli sono sottoposti o che gli vengono a tiro ostacolandolo. Al punto tale che il suo gioco preferito è la caccia alle prede umane, catturate per lui da alcuni indigeni siberiani di un villaggio sul quale in pratica regna come un sovrano, che vengono liberate con alcune decine di km di vantaggio (ma con un ignobile trucco tecnologico per seguirne le tracce) e poi inseguite e cacciate con armi da fuoco. Il novello Swarzy russo (non di costituzione ma come capacità d’azione) si ingegna oltre ogni limite per sopravvivere e far sopravvivere gli altri compagni di sventura, tra cui un’interessante figura femminile coprotagonista fin dall’inizio della trama, che si guadagna il suo spazio nel corso della sceneggiatura, sapendola (gli autori) valorizzare leggermente meglio di come non facciano abitualmente gli americani, che soffrono inconsciamente di misoginia oltre che di maschilismo. Interessante anche l’incipit della pellicola che mostra come antefatto un incidente avvenuto nel 1974 in una base scientifico militare siberiana, di una dinamica demenziale, base nella quale trattavano un materiale di una pericolosità inaudita, e un imbecille di un componente lo staff, per cazzeggiare con la sua bella urta una provetta di questo materiale facendola infrangere per terra … pressappoco la stessa grossolanità che avvenne alla Centrale Nucleare di Chernobyl nell’86, dove fu un errore umano a causare la catastrofe. A quanto pare i russi non ripongono una grossa fiducia nelle capacità pregresse dell’ex Unione Sovietica. Solo nel finale il film diventa un videogioco con sparatoria multipla ed eroe invulnerabile, ma con un tocco letterario per differenziarsi dagli americani, una specie di marchio di identità culturale, in cui con una dose di umiltà autoironica arrivano i rinforzi a salvare l’eroe (che ormai si era salvato da sé, nello stile di tanti film di Swarzy) su mezzi talmente vetusti e sgangherati da far irrimediabilmente pena, in netto contrasto con le decine di cazzuti elicotteri militari che sarebbero comparsi in un equivalente finale d’oltreoceano. Vedibile e godibile, senza pretese ma con una sua dignità.

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