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Daybreakers. L'ultimo vampiro

Regia di Michael Spierig, Peter Spierig vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Daybreakers. L'ultimo vampiro

di YellowBastard
4 stelle

Film horror fantascientifico piuttosto sconclusionato e stereotipato per quello che, almeno sulla carta, poteva sembrare un progetto interessante e che invece due registi acerbi come i fratelli Peter e Michael Spierig non riescono a salvare da una produzione patinata e da atmosfere troppo alla Underworld prive di mordente e originalità.

 

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Siamo in un ipotetico 2019 e l'intera popolazione terrestre è prevalentemente costituita, a causa di una malattia e/o mutazione (non è ben specificato), da vampiri mentre quello che resta dell'umanità, appena il 5% degli esseri "viventi" (se così si può dire), sopravvivono in isolati rifugi o più spesso come forma di sostentamento della nuova e vigente classe dominante.

Il loro numero però è in costante riduzione e ormai insufficiente a soddisfare il fabbisogno alimentare della popolazione vampirica, la cui mancanza di sangue provoca una degenerazione degli stessi fino ad attaccare, per nutrirsi, anche i propri stessi simili, motivo per cui Charles Bromley (Sam Neill), presidente e leader della più grande società di vendita di sangue umano, inizia la ricerca per la creazione di un nuovo surrogato del sangue che viene affidata all'ematologo Edward Dalton (Ethan Hawke), che vive malissimo la sua condizione di vampiro e sogna di ritornare un giorno umano.

Occasione che diventa possibile quando incontra Elvis (Willem Dafoe), un ex-vampiro ritornato umano...

 

Prodotto dalla Lionsgate e presentato al Toronto International Film Festival nel settembre 2009, Daybreakers (sorvoliamo pietosi sul sottotitolo italiano) non si rifà ad alcuna opera letteraria (o fumetto) ma è opera del lavoro dei fratelli Spieger, Peter e Michael, registi e sceneggiatori della pellicola, che creano per il loro film un'efficace commistione di estetica vampiresca, molto alla Blade della Marvel, e fantascienza dispotica e che mira quindi a costruire soprattutto un forte parallelismo (in negativo) con le principali tematiche della "nostra" società moderna.

 

Di conseguenza tutto viene riadattato in versione vampirica ma senza eccessivi stravolgimenti in quanto tutto il sistema economico e sociale viene rielaborato esclusivamente al soddisfacimento delle esigenze della nuova classe dominante, il quale non opera per starvolgere il mondo che conosciamo ma, al contrario, si adoperano per preservare e al contempo far evolvere, pur se su basi differenti, la nostra stessa società, conservandone però pregi e, soprattutto, difetti.

Non è infatti difficile sovrapporre alla figura del vampiro trattatato nella pellicola, parassita per parassita, quella del freddo "capitalista" che si preoccupa soprattutto di mantenere il proprio status e, quindi, di curare i propri interessi incurante dei danni "collaterali" alla società e/o al mondo circostante, in un parallelismo estremo nel quale il vampirismo appare più che altro un nuovo estremismo evoluzionistico, dispotico e parassitario, dell'uomo stesso oppure, in un'epoca di pandemia, non più come una qualche rappresentazione soprannaturale del Male ma, in una più moderna allegoria ecologista, come un "virus" originato dall'uomo che minaccia l'ecosistema e con esso anche la stessa estinziona del genere umano.  

 

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Peccato che nel trattare tali tematiche i fratelli Spieger non si dimostrino affatto all'altezza realizzando una storia con un intreccio che si sviluppa in modo fin troppo lineare ma soprattutto prevedibile e con ben poca sostanza, anche attraverso soluzioni spesso semplicistiche o ingenue, e con uno stile mediocre, deficitario di molte/troppe influenze non sempre adattate a dovere, effetti speciali altalenanti e comportamente poco verosimili od estremizzati di personaggi dalla recitazione latitante e improba da parte di molti degli interpreti, a partire dallo stesso protagonista e da un imbarazzante Willem Dafoe (forse solo Sam Neill riesce a salvarsi), anche in relazioni a un contesto comunque fantastico, e che funestano un prodotto che arranca con difficoltà verso un finale involuto, posticcio e obbligatoriamente da happy ending.

 

VOTO: 4,5

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