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Brooklyn's Finest

Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Brooklyn's Finest

di Marcello del Campo
4 stelle

Edie (Richard Gere), poliziotto incolore, carriera mediocre, ha sette giorni di tempo per riscattare un passato fallimentare: abbandonato dalla moglie, solo, alcolista funereo, sfottuto dai giovani colleghi, gode di periodiche cure sessuali per opera di una squillo da quattrocento dollari ‘a botta’ con un pompino come bonus, ma nemmeno l’attività buccinatoria della donna lo distrae dal pensare che la sua vita è una merda. All’inizio del film, il primo tra i tre poliziotti marci che si incontreranno alla fine per la resa dei conti, Edie si alza al suono della sveglia, apre il cassetto del comodino, tira fuori un revolver, lo soppesa ma decide che a un passo dalla pensione non è il caso di suicidarsi. Peccato, perché un Richard Gere così grigio sarebbe giusto che fosse fatto fuori dagli spettatori. Edie è il primo tra i migliori di Brooklyn, il secondo è Tango (Don Cheadle), star delle gang dei neri dedite allo spaccio di quintali di droga, fa di professione l’infiltrato-dandy; berretto scuro da artista di arti visive e passo da ballerino ha, come Edie, un problema serio: l’agente Smith (Ellen Barkin) gli ha messo il pepe in culo, se non fa un’imboscata al suo amico Caz (Wesley Snipes), da poco uscito di galera, per rificcarcelo dentro, tutte le gang sapranno che lui è un infiltrato. “Caz mi ha salvato la vita, non posso farlo, vai a farti fottere”, osa dire alla Smith. Saranno guai per lui, ghigna la Barkin, una ragnatela di rughe. Anche il film è pieno di rughe e di buche, del resto, eccetto il sopravvalutato Training Day, il regista Antoine Fuqua si è distinto con film come Bait, Shooter, King Arthur, L’ultima alba, sgangherati approdi di un cineasta muscolare e, diciamolo pure, un po’ razzista.
Il terzo poliziotto (niente a che vedere con il romanzo di Flann O’ Brien!) è Sal (Ethan Hawke) che deve proprio a Training Day la carriera di psicopatico che alterna con la faccia di bravo ragazzo di prima e dopo il tramonto, una faccia diabolica, che rischia di far dimenticare la bella gavetta da L’attimo fuggente, a Gattaca, una faccia che indossa, sempre uguale, occhi dove si vede il bianco della follia e denti digrignanti da Assault On Precint 13 a Daybreakers. Sal ha grossi problemi anche lui, la moglie Angela (Lily Taylor) incinta di due gemelli, un gruppetto tra figli naturali e adottivi, la casa piccola con i muri di muffa che stanno rovinando i polmoni della puerpera: che fare? Sal è cattolico tipo ‘cattivo tenente’, educa i bambini al cattolicesimo, la casa di muffa è un reliquario di crocifissi, ma quando ci vuole ci vuole, servono soldi per cambiare casa, acquistarne una per la famiglia larga, quindi non resta al più finest tra i cop che trucidare qualche corriere della droga e poi chiedere al prete confessore il perdono; in fondo, dice Sal, “Dio fa tutto per sé e niente per me… due Ave Maria gli concedo, e basta!”.
La regia di Fuqua è lenta, indugia su particolari insignificanti, nemmeno stesse repertando 'gli oggetti' alla maniera dell'école du regard, dimenticando che un film di 'genere' non deve distrarsi con civetterie d'autore.
I tre pig si incontrano - quando dici il caso! - in un finale da macelleria, ma non aspettatevi Le cercle Rouge o Quai des Orfevres, 36: è solo l’ultimo insufficiente film di Antoine Fuqua.
 

 

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Sulla colonna sonora

C'è una colonna sonora? Sì, Marcelo Zarvos, altrove compositore di classica compostezza, qui insiste su un pedale lugubre da requiem dall'inizio alla fine. Meglio le musiche aggiunte di Michael Craig, Deftones, ecc.

Cosa cambierei

Lo staff del Sundance e metterei in rilievo la breve apparizione di Vincent D'Onofrio nel prologo del film.

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