Regia di Anh Hung Tran vedi scheda film
Tran Anh Hung e' l'interessante regista vietnamita di Cyclo, meritatissimo Leone d'oro a Venezia 1995, e dei delicati e raffinatissimi Il profumo della papaya verde ('93) e Solstizio d'estate ('00). Con questo inedito bel thriller del 2008 il regista prova a "fare l'americano", almeno in parte, e ci riesce davvero bene. E' una bella soddisfazione scoprire, quasi per caso, un film misconosciuto di un regista che ammiro da tempo e che davo per disperso fino a quando non lo abbiamo visto tornare a Cannes quest'anno con la trasposizione del noto libro di Murakami "Norvegian wood" (che aspetto con una certa ansia e voracita' cinefila); tanto piu' se il risultato, come in questo caso, e' molto soddisfacente, soprattutto in termini di regia, ambientazione, ritmo, tensione ed efficacia delle riprese nella gigantesca metropoli di Hong Kong.
Josh Harnett e' un giovane detective, ex poliziotto ritiratosi (o mandato via, non si capisce bene) in seguito al grave trauma psicofisico subito in occasione della cattura "passiva" di uno spietato crudele serial killer (il sempre grande Elias Koteas, che quando fa il pazzo ricorda, anche fisicamente, il miglior diabolico De Niro). "Passiva" in quanto il poliziotto viene prescelto dall'assassino per farsi catturare ed uccidere, ma solo dopo avergli inflitto un ricordino indelebile (non aggiungo di piu' perche' ci tengo che chi mi legge veda il film). Due anni dopo questa tragica cattura, Harnett viene contattato da un misterioso magnate dei farmaci filippino che gli commissiona la ricerca del figlio, da un paio d'anni scomparso in circostanza misteriose. Tramite uno sciancato vecchio detective che aveva seguito il caso in precedenza, il nostro protagonista viene a sapere che l'oggetto della sua ricerca potrebbe essere morto da tempo o trovarsi ad Hong Kong. Il detective si reca nella grigia metropoli cinese e chiede aiuto ad un amico poliziotto locale che, senza volere, lo coinvolge in una guerra senza quartiere con un pericoloso boss del crimine dallo sguardo gelido (il tenebroso Byung-Hun Lee, sorta di Alain Delon asiatico, attore feticcio di Kim Ji.woon). Intanto (casualita' in verita' davvero paradossale e punto debole di tutto il film) si imbatte in commissariato in uno strano tipo afflitto da ferite multiple in tutto il corpo, riconoscendo in lui (un po' in ritardo) l'uomo che sta cercando. Lo ritrovera' in seguito grazie ad una circostanza ulteriormente poco probabile che coinvolge la bellissima fidanzata tossica del deliquente di cui sopra (la meravigliosa musa del regista, Tra Nu Yen-Khe, presente da protagonista in tutti i tre precedenti film dell'autore).
Non mi dilungo ulteriormente in una trama che, salvo qualche passo falso di sceneggiatura dovuto a sviluppi poco chiari o al contrario un po' troppo semplicistici o poco credibili, riserva una buona tensione emotiva e in cui certe situazioni, all'inizio solo accennate, troveranno un loro perche' proseguendo nella visione.
Vero e' che Anh Hung dimostra una dimestichezza registica col thriller certamente non scontata, degna del gia' citato maestro sud-coreano Kim Ji-woon, regalandoci una pellicola affascinante, crudele, angosciante al pari delle macabre "opere d'arte" del folle maniaco sessuale attorno al quale matura tutta la tesa vicenda.
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