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Manuale d'infedeltà per uomini sposati

Regia di Chris Rock vedi scheda film

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La recensione su Manuale d'infedeltà per uomini sposati

di degoffro
2 stelle

Questa esilissima e spesso imbarazzante commediola è, ahimè, il remake americano, anche piuttosto fedele, quanto meno nel soggetto non certo nei dialoghi, di “L’amore il pomeriggio” sesto ed ultimo racconto morale di Eric Rohmer (viene persino ripresa, banalizzata e volgarizzata all’inverosimile, la celebre scena del sogno, quella in cui si rivedono tutte le protagoniste dei precedenti cinque racconti). Il paragone è improponibile: non c’è confronto tra la raffinata grazia e la sorniona intelligenza del regista francese e la rozza grossolanità nonché il greve maschilismo di Chris Rock, interprete principale, sceneggiatore (con Louis C.K.), produttore e pure regista (è il suo secondo film dopo il dimenticabile e dimenticato “Head of state”). Mi sono avvicinato al film senza particolari preconcetti, per pura curiosità, o meglio, per la mia inguaribile mania di completezza (avendo appena visto l’originale) e l’incipit, ammetto, pur con tutti i limiti del caso, mi è parso meno deleterio e nefasto del previsto con le riflessioni ad alta voce del protagonista, consulente finanziario in un’impresa di media grandezza, il quale, sposato e con due adorabili figli piccoli, constata che “Mia moglie è bellissima, intelligente, un’ottima madre. Ho una vita perfetta. C’è solo un piccolo problema: è una vera rottura di coglioni!”, lamentandosi in particolare del fatto di non avere più rapporti con la donna. E, come lui stesso afferma: “Il momento più pericoloso di un matrimonio è quando i due accettano di non fare più sesso!” Purtroppo questo concetto, già ben chiaro nei primi cinque minuti, viene ripetuto ad libitum per i restanti novanta tra battute poco incisive in cui il termine “scopare” ritorna fino all’esasperazione come se non fosse chiaro che è la principale se non la sola preoccupazione dei personaggi, situazioni comiche abusate e vecchie di decenni (Nikki che in ascensore si sfoga con il protagonista per la rottura con il fidanzato con gli altri incuriositi ad ascoltare, la cena al ristorante con una coppia di amici e una prorompente cameriera dal seno ben in evidenza a provocare il protagonista che, stizzito, chiede al titolare del locale di sostituirla, nel servizio al suo tavolo, con un vecchio in modo da non essere più indotto in tentazione, l’acquisto del preservativo nell’imbarazzo generale del protagonista a causa di una commessa fin troppo inopportuna, gli effetti incontrollabili del viagra usato su consiglio del collega/amico per una sospirata e mai consumata notte di sesso selvaggio con la moglie, situazioni, ovvio, del tutto assenti nel film originale), equivoci telefonati, dialoghi annoiati, un sentimentalismo rancido ed un finale in buona sostanza uguale all’opera francese (il protagonista lascia sul più bello la disponibilissima ed intraprendente Nikki concretizzando in questo modo un suo malinconico pensiero “E’ come se scopassi con te senza avere nemmeno il piacere di scoparti!” per tornare dalla moglie), eppur bruttissimo nella sua oscena parentesi musical e molto più didascalico e moralistico con la ingombrante voce over del protagonista a rivelare ogni sua intima considerazione che poi, a conti fatti, si riassume nel titolo originale del film che, per la cronaca, recita “penso di amare mia moglie”. Non si pretendevano certo le sottili e sagaci riflessioni morali di Rohmer sul tradimento, il matrimonio, la complicità e la comunicazione in una coppia, le molteplici tentazioni esterne a minare la fedeltà coniugale di un uomo, ma almeno due risate sì. Pura illusione a meno che ci si voglia accontentare di battute del tipo: “Andare al salone dell’automobile e guardare i minivan è come andare in un locale di striptease e guardare il dj!”. Chris Rock come attore comico, ormai è assodato, fa pena (e non è solo questione di doppiaggio che, in ogni caso, non aiuta) ma come regista e sceneggiatore, se possibile, è ancora peggio tanta è l’approssimazione della messa in scena (basti la sequenza in cui il protagonista, dopo una furiosa litigata con la moglie per l’ennesima cena a base di pollo, va in un locale a divertirsi e sballarsi mentre, in montaggio alternato, si vede la moglie intenta prima a cercare in casa segni del suo ipotetico tradimento, poi a confessarsi al telefono con un’amica) e la sconfortante e scurrile superficialità di uno script che è asfittico, monotono, dispersivo e ridondante nel sottolineare il concetto, non proprio nuovo, del matrimonio come tomba dell’amore (salvo poi ribaltare tutto nella pietosa riflessione conclusiva sull’importanza di una moglie che ti capisca e ti ami). Le due interpreti femminili, pur belle, soprattutto Kerry Washintgon, una vera bomba e già partner di Rock nel modesto “Bad company” di Schumacher, sono alle prese con ruoli talmente anodini, stereotipati, stiracchiati e fiacchi da risultare insignificanti. Sprecato, come spesso capita, Steve Buscemi. Inconsistente ed indifendibile. Divertente in compenso la frase di lancio internazionale che cita ironicamente la celebre tagline di “Alien”: “nel matrimonio nessuno può sentirti urlare”.

Voto: 3

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