Regia di Nico D'Alessandria vedi scheda film
La vita quotidiana di un tossico romano.
Dopo un lungo apprendistato come assistente, tra gli altri, di Giraldi, Massi e Samperi, Nico D'Alessandria comincia a girare i suoi primi lungometraggi verso la fine degli anni Settanta; nel 1987 esce L'imperatore di Roma, il suo film più rappresentativo. È la storia di un vero tossicodipendente romano, Gerry, alle prese con la sua giornata tipo: la ricerca della roba, il chiodo fisso di farsi, gli amici inaffidabili quanto lui, il resto del mondo totalmente avverso, distante, che lo respinge costantemente. Il panorama è quello di una Capitale decadente nella quale l'imperatore è proprio Gerry, protagonista di una vita al di là dei limiti della cosiddetta 'normalità' e che proprio per questo sembra l'unico personaggio realmente coerente nella sua storia, animale selvatico in mezzo ai gatti randagi dell'Urbe. Girato in bianco e nero e con criteri neorealisti (la scelta degli interpreti, il verismo nelle luci, i dialoghi scarni e intrisi di quotidianità popolare), L'imperatore di Roma è un titolo di culto tra le pellicole underground, maledette, del cinema di genere nostrano: a ragione, senz'altro, pur tenendo ben presenti anche gli evidenti limiti del prodotto. Tra essi il primo per importanza è quello della recitazione, o meglio: della mancanza di direzione degli attori, tutti non professionisti e quindi portati a strafare o al contrario a caricare troppo poco la battuta o il gesto, risultando ugualmente fasulli; anche la mancanza di una solida sceneggiatura traspare in maniera evidente, mentre vanno sottolineate le musiche di Al Lunati e Carlo Giugni, iperpresenti ma assolutamente gradevoli e adatte al contesto. D'Alessandria si occupa della regia, del copione, della produzione e del montaggio. 4/10.
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