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I killers della luna di miele

Regia di Leonard Kastle vedi scheda film

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La recensione su I killers della luna di miele

di Utente rimosso (SillyWalter)
8 stelle

THE HONEYMOON KILLERS non è un film perfetto, è meglio di un film perfetto, è un eccitante oggetto di culto per cinefili...

 

 

        Film nato lontano dalle mani e le melme degli studios, fatto in fretta con pochi spicci e recitato da una banda di attori tutti al primo film. Una produzione che si permette di licenziare il giovane Martin Scorsese al suo secondo lungometraggio perché rischia di far sforare il budget con metodi troppo lunghi e minuziosi (pare che la decisione sia arrivata dopo un pomeriggio intero passato da Scorsese a riprendere una lattina di birra in un cespuglio...). Un film affidato infine allo sceneggiatore, mente formata a musica classica, non a cinema, un compositore d'opera chiamato da un amico produttore televisivo a scrivere la sua prima sceneggiatura sulla storia vera di un'assurda coppia omicida. Leonard Kastle senza troppe paturnie finisce per curare sceneggiatura, regia, montaggio e musiche (selezionate invero, non composte), cogliendo l'occasione di creare in libertà come neanche agli dei è più concesso fare. Spesso, visti i tempi ristretti, la filosofia dev'essere quella del "buona la prima", ma in sede di scrittura (quasi prevedesse la promozione) Kastle aveva annotato molte idee su riprese, angolazioni e stile che gli verranno comode. L'ottimo direttore della fotografia Oliver Wood (FACE/OFF, i primi tre film di JASON BOURNE) farà il suo, occupandosi degli aspetti tecnici e supplendo alla mancanza d'esperienza sul campo del regista (oltre a firmare un bellissimo bianco e nero ruvido e molto contrastato). Aggiungiamo pure che Kastle, nonostante il successo (soprattutto in Europa) di THE HONEYMOON KILLERS, tornerà alla musica e morirà senza riuscire a dar vita ad altri film, lasciandoci una manciata di sceneggiature incomprese e un atteggiamento idealisticamente non compromissorio da tupamaro dell'arte. 

 

        COSÌ PARLÒ LEONARD KASTLE: "Preferisco non fare altri film che fare una schifezza"[="piece of crap", in originale]. "Credo che l'autore del film sia il vero autore solo se ha scritto anche la sceneggiatura […] La visione completa può essere in un solo cervello, non nei produttori, non nei finanziatori […] Negli studios ci sono troppe persone coinvolte." "Ho avuto un'importante esperienza a Hollywood dopo questo film e non fu molto piacevole"  (¹) ; "Ho sei o sette sceneggiature e forse qualcosa succederà […] ma una cosa potrò sempre dirla, non ho mai fatto un brutto film dopo THE HONEYMOON KILLERS." (²)

 

        LA TRAMA. Anno 1949. Martha è un'infermiera obesa e scontrosa che vive con la vecchia madre. Attraverso un servizio di scambio posta per cuori solitari conosce Ray, truffatore latino interessato solo a raggirare donne sole bisognose d'attenzioni. Tra i due scocca una morbosa scintilla che li porterà a condividere i progetti criminosi e a scivolare in una spirale di brutali delitti.

     

        Kastle si documentò leggendo gli atti del processo dei veri Martha e Ray ma operò tagli e modifiche per dare al film un volto (a suo dire) più reale e documentaristico. Per stendere la sceneggiatura studiò script di registi che amava: Fellini, Truffaut  e soprattutto Pasolini (e forse un certo rigore pasoliniano non edulcorante può essere ravvisato). Aveva anche un modello estetico negativo da evitare, il GANGSTER STORY di Penn ( "Ero disgustato da quel film […] non volevo mostrare bellissime immagini di persone bellissime") (²). Al fine di evitare persone bellissime e in ossequio al realismo vennero scelti protagonisti che replicassero i tratti fisici più significativi dei veri assasini. La vera Martha era veramente un'infermiera sopra i 100 chili così come il vero Ray era latino, magro e sulla via della calvizie.

 

         Non si può negare che alcuni passaggi del film siano certamente faticosi e amatoriali ( il "buona la prima" sicuro non ha pagato nella recitazione della prima scena e in vari dialoghi) ma chi ha pazienza verrà ripagato da scene di grande impatto e da una strana amalgama di crudo realismo e grottesco che riesce a tenere insieme con coerenza l'intera narrazione, a costituire un cuore organico di grande e inattesa originalità.

 

        Più mi rifriggo in testa le immagini di HONEYMOON KILLERS e più ho l'impressione che i punti forti e "fortissimi", i cardini del film, mostrino un pattern chiaro, un'intelligenza e una fisionomia capace di espellere le deboli scene secondarie. Sembra quasi che, in mancanza di tempo e denaro ( che si traduce in tempo per rigirare...) Kastle abbia curato esclusivamente quelli che sapeva sarebbero rimasti come perni negli occhi del pubblico, quelli che ne avrebbero costituito l'identità oltre i confini della proiezione. E questo può forse essere una chiave per capire la benevolenza se non l'adorazione del mondo "autoriale" e dei festival. Truffaut lo citerà spesso tra i suoi film americani preferiti e lo stesso Kastle ricorderà un incontro avvenuto al festival di Pesaro nel 1970 quando "una donna si alzò durante il forum e disse: -Sono tutte sciocchezze, questa è la più grande storia d'amore che io abbia mai visto!- Pensai che fosse pazza ( dice Kastle ridendo) Invece era meravigliosa, era Marguerite Duras (¹)". 

 

        Tra i momenti clou ovviamente gli omicidi, inventivi e potenti ( ce n'è uno emotivamente enorme che ci mostra solo il primissimo piano degli occhi della vittima che segue le manovre dei suoi aguzzini), e ancora gli scatti d'ira di Martha, le scene romantiche dei due amanti (grotteschi ma mai ridicolizzati dalla regia), il misurato finale. 

 

         Le scelte di Kastle danno al film un'identità, è indubbio. Se sia profonda consapevolezza autoriale o istinto creativo è un'altra questione non so quanto importante. La bravura (istinto?) di K. sta nella chiarezza con cui individua i motori del film e cioè la storia d'amore e il personaggio di Martha (K. inizialmente penserà anche di intitolare il film DEAR MARTHA). Ed è chiarezza senza alcun dubbio , dal momento che K. rinuncia a episodi reali e assurdi (che pochi avrebbero lasciato fuori) per non disturbare romantiche scene madri o perché, per quanto veri, sarebbero risultati irrealistici e "grotesque"(¹). Per esempi vedi in calce (³).

 

         Ecco, GROTESQUE. Accennavo a una strana amalgama di realismo e grottesco. Qui le interviste a K. non aiutano citando lui il grottesco solo nella suddetta occasione come pericolo da fugare. Ma aldilà delle situazioni grottesche scartate perchè in conflitto con il tutto-film e il tono di una o più scene, gli elementi grotteschi (nel senso di deformati al limite del ridicolo...se non oltre) sono troppi per crederli caso. 

 

        Prendiamo la recitazione. La maggior parte dei personaggi che ruota attorno alla coppia assassina ha stili recitativi tutt'altro che realistici. Tutti ammiccano allo spettatore, esibiscono i loro tratti, calcano continuamente gli atteggiamenti come se fossero parodie. Una madre con modi infantili, varie vittime ritratte come parodie del perbenismo americano, una donna che agonizza come se fosse una bambina lamentosa e lo stesso Ray che sa spesso di caricatura del latin lover con tutto il suo repertorio di frasi fatte e col suo (inutile) toupè. Il tutto sembrerebbe quasi "camp" se poi non spuntasse il realismo che col camp non è mai andato a braccetto. E se fosse semplicemente cattiva e affrettata recitazione in mancanza di un direttore d'attori? Non posso escluderlo definitivamente ma la mia idea è invece che, volutamente o istintivamente, Kastle abbia replicato il grottesco naturale dei veri Martha e Ray e del loro mondo (in un certo senso è stato fedele alla realtà del loro essere naturalmente grotteschi). 

 

        Forse potrebbe aver giocato una parte anche la sua profonda esperienza di recitazione operistica (era sia compositore che librettista). Sappiamo che i caratteri dei personaggi nell'opera solitamente sono esibiti se non esasperati. Non arrivo a esser certo che tutto questo abbia operato in lui come riflesso condizionato, ma in una qualche gradazione tra l'inconscio e il conscio potrebbe essergli tornato utile.

 

        E che il grottesco naturale, un grottesco insito nella realtà, possa essere l'anima vera di THE HONEYMOON KILLERS credo lo dimostri Martha. Lei INCARNA il grottesco naturale. È un misto di drammatico e ridicolo, eccessiva nella fisicità, nelle sue espressioni da bambina imbronciata che si alternano a strilli e scoppi di violenza, nel suo "amour fou" che la porta ad abbattere tutto e tutti.  Shirley Stoler la interpreta senza esasperare i toni...finché non ce n'è bisogno (ed è memorabile e impressionante per come dà vita ad estremi di convulsione e rabbia). Il suo è paradossalmente uno dei personaggi dai tratti piu naturalistici, sicuramente il meno parodico, e per questo fa da snodo sia per il realismo di efferati e abborracciati delitti, sia per un romanticismo che piega (distorce) ogni cosa alle sue logiche, sia per gli eccessi delle situazioni e delle figure di contorno.

 

         MUSICA. È il suo campo, ovviamente Kastle sa come suggerire tensione con misura, ma poi spara bordate sinfoniche improvvise (quasi esclusivamente Mahler) a cui non siamo abituati in ambito cinema. Sicuramente volute, quindi chiaramente parte di un piano fatto di "strappi" emotivi, di dramma in musica senza titubanze. Gli "strappi" sono a volte destabilizzanti, usati come picchi per immagini più innocue, ma sempre aiutano il dramma, danno un respiro tragico e ampio all'inevitabile, al compiersi di un destino. MA il particolare forse più importante è che astutamente la musica durante gli omicidi è cauta, non invadente o anche assente. Lì si compie la forza crudelmente realistica della pellicola e lì Kastle usa pochi fronzoli e sovverte le nostre attese costringendoci all'attenzione sulla violenza VERA.

 

         Riguardo all'influenza che una mente imbevuta di musica classica possa aver portato al cinema mi sono chiesto se nel film non sia possibile trovare traccia del senso "architettonico" del compositore classico, di quel che significa "composizione" in un ambito che ci ha dato opere di una complessità tale da far tremare le cattedrali del pensiero. Cercando appigli potremmo dire che la struttura del film è sicura. Incredibilmente sicura, se pensiamo che è figlia di uno sceneggiatore/regista alle prime armi. L'opera va a piena orchestra in punti chiari e quando il tono non lo consente non si fa tentare da elementi curiosi per quanto reali e inusitati essi siano. La dinamica emotiva è messa al di sopra di tutto. Non è certo una dote comune. Comporta l'abitudine a gestire strutture ampie e stratificate con un occhio sempre all'insieme. Kastle, come la Stoler (e la Stoler forse grazie a Kastle), al suo primo film riesce a non esagerare avendo per le mani elementi molto instabili. Conosce lo scheletro della sua opera e fa in modo che si veda che è un organismo vivente. Un tutt'uno. Un intero. Seppur non rifinito a dovere.

 

          Shirley Stoler dopo essere stata Martha si meritò una buona carriera partecipando anche a film molti noti, anche se spesso relegata in ruoli stereotipati e secondari per via della sua corporatura importante. Probabilmente vi stupirà sapere che l'avete vista in:

- UNA SQUILLO PER L"ISPETTORE KLUTE

- PASQUALINO SETTEBELLEZZE

- IL CACCIATORE

- CERCASI SUSAN DISPERATAMENTE

- MALCOLM X.

 

         La storia di Martha e Ray ha ispirato altri due film: PROFUNDO CARMESÌ di A. Ripstein e LONELY HEARTS con Salma Hayek (!) e Jared Leto come protagonisti.

 

 

(¹) Da un'intervista a Leonard Kastle al Torino Film Festival 1992.

(²) Da un intervista del 2003 per la Criterion DVD.

(³) !! ATTENZIONE SPOILER !! 

Nel finale troviamo gli esempi più evidenti del rigore di Kastle. Contro il parere di collaboratori e produttore K. decide di terminare con Martha che denuncia Ray e se stessa preferendo la galera al dividerlo con altre. Dopo un ultimo bacio, un quieto e scarno finale la mostra in prigione a leggere una lettera d'amore di Ray. Nella realtà, però, dopo l'ultimo omicidio Martha era voluta andare al cinema (!) e dopo entrambi erano tornati sul luogo del delitto e avevano vissuto nella casa delle vittime (!) per qualche giorno fino a che qualcuno (rimasto ignoto, forse un vicino) non aveva consigliato alla polizia di andare a dare un'occhiata. Un'altro scarto clamoroso (il produttore si oppose inutilmente) fu il fatto che la vera Martha chiese durante il processo che lei e Ray potessero essere giustiziati insieme, uno in grembo all'altra sulla stessa sedia elettrica (...aaah...l'amour fou...). 

 

 

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