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Il grande cielo

Regia di Howard Hawks vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il grande cielo

di stanley kubrick
6 stelle

OCCHIO D'ANITRA

Non uno dei migliori Hawks, diciamolo subito. Il regista de Un Dollaro d'Onore ha fatto di meglio. Dopo essere stato in posti dediti a scenari western più aridi e secchi, il grande regista sceglie di incentrare questo western ora in una piccola contea, ora in una foresta e ora in un villaggio di indiani. Indiani e americani, nel vecchio west, non sono mai andati d'accordo. Hanno combattuto battaglie sanguinose come dimostrato anche dalla magnifica Trilogia della Cavalleria di John Ford, non hanno mai trattato la pace interiore ed esteriore. Hawks sembra volreli riconciliare con un motivo poco plausibile: lo scambio di pellicce tra americani e indiani con anche di mezzo una donna indiana da restituire alla tribù per far avvenire la contrattazione. Dai paesaggi aridi della Monument Valley di Ford ci si sposta dalle parti di Cheyenne e Yellow Stone, sulle rive di un fiumicello e al riparo dai pericoli in una foresta. Una foresta che cerca di prendere il nome del titolo del film, oscurando quel "grande cielo" di cui si parla tanto, ora nuvoloso, ora soleggiato. Il cielo è il simbolo del pericolo. La foresta è simbolo di protezione. La contrattazione con gli indiani avviene per mezzo di una nave, talvolta ostruita da un leggero venticello, adesso da dei rami essiccati che danzano nel fiumicello. All'interno della nave una specie di ciurma cowboy, dove colpisce specialmente il piedinero Pelleossa, senza ombra di dubbio il personaggio più azzeccato dell'intera vicenda. I tre veri protagonisti sono Jim Deakins (Kirk Douglas), Boone Caudill (Dewey Martin) e Zeb Calloway (Arthur Hunnicutt). I primi due si incontrano per caso all'inizio del film e insieme partono alla ricerca dello zio del secondo, ovvero il terzo. Successivamente si uniranno tutti e tre all'interno di una cella e dopo all'interno della nave che li trasportera fino agli indiani.
La voce che parla fuori campo potrebbe essere di Calloway. La voce racconta in pochi spezzoni quello che accade quando la macchina da presa non riprende le vicende della ciurma. Piuttosto fastidiosa in alcune sequenze, necessaria in altre. Viene usata soprattutto quando la ciurma (oramai la chiamo così) affronta delle notti con la pioggia, oppure quando quest'ultima trasporta la nave a piedi per mezzo di alcuni uomini. Un altro personaggio azzeccato della ciurma è il francese, da non confondere però con qualche altro personaggio, dato che il technicolor non fa distinguere allo spettatore benissimo le facce degli attori, anche se il film è del 1952.
Durante il viaggio della nave si ha una sensazione di smarrimento e, successivamente, di solitudine. A guardare quella nave con campi lontani ti viene un senso di ansia, forse tensione per quello che potrebbe accadere. Il problema è che accade poco o niente, tranne quando viene scoccata quella freccia da un indiano (?) a uno dei componenti della ciurma. Si ha un senso di smarrimento perchè la nave segue il percorso di un semplice fiumiciattolo, rigagnolo d'acqua per dire meglio, senza una bussola o altro strumento che li potesse aiutare ad arrivare sani e salvi alla meta definita. Si ha un senso di solitudine non perchè ci siano pochi componenti nella ciurma, sia chiaro, ma perchè nessuno dovrebbe invogliare questa ciurma a continuare. Io personalmente mi aspettavo un western pieno di suspence e di lotte tra indiani e americani degni del grande Ford. Monument Valley, come ho detto prima, inesistente.
Quando alla fine Boone sposa per modo di dire l'indiana sono rimasto completamente indifferente. Regali fasulli da dare al padre. Lei potrà anche essere bella ma col cavolo che io do tutta quella roba a suo padre. Per concludere un film deludente del grande Hawks. Forse una pausa di riflessione, un amore andato male o che so io. Resta sempre comunque quel grosso senso di smarrimento che si avverte anche noi spettatori.

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