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La bugiarda

Regia di Luigi Comencini vedi scheda film

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La recensione su La bugiarda

di Furetto60
6 stelle

Commedia di costume. Gradevole ma non esaltante, tuttavia con buoni spunti di riflessione.

La giovane e affascinante Maria, alias Catherine Spaak, finge di essere una "hostess" usando il nome della sua coinquilina, che davvero presta servizio sugli aerei, per barcamenarsi, tra un finto volo ed un altro, tra tre uomini diversi :un aristocratico maturo e per giunta sposato, un dentista e infine un ragazzetto imberbe, con i quali stabilisce una relazione per così dire part/time. Un giorno però, un incidente aereo, di fatto senza serie conseguenze, manda però all’aria il suo “ménage à quatre” e smonta il suo fantasioso castello di bugie, due dei suoi “fidanzati” scoprono il “gioco” e la vera identità della giovane. Tuttavia, grazie alla sua indole diabolica e alla sua carica erotica, simula perfino un tentato suicidio, riesce a infinocchiarli di nuovo e a  ristabilire il complicato e sapido equilibrio delle tre relazioni .Il divertente e frizzante  film  di Luigi Comencini del 1965 è un esempio di commedia di costume, anche un tantino piccante per l’epoca , leggera e di puro d’intrattenimento, ma con spunti interessanti, impreziosito da una confezione tecnica elegante, godibile nonostante dopo un po' mostri il fiato corto, ma sostenuta da un cast prestigiosissimo, in primis una fulgida Spaak, maliziosa quanto basta e supportato da una  perfetta messa in scena: si veda, la sequenza d’apertura con la macchina da presa che segue a distanza ravvicinata la giovane e bellissima attrice,  il cui volto splendido è raffinatamente specchiato nelle vetrate dell’aeroporto, con graziosi giochi di luce che ne esaltano i tratti eleganti,  sequenza breve, ma visivamente accuratissima. Alla base di questa opera minore del regista, non manca il consolidato mestiere del regista e la sua consueta qualità estetica, coadiuvato dal buon lavoro del direttore della fotografia Armando Nannuzzi.Ciò detto, è nello script che emergono i maggiori difetti. Per quanto la storia sia spigliata e a tratti anche divertente, non decolla del tutto e sembra avvitarsi su sé stessa già dopo la prima parte, avendo esaurito la verve di questa sorta di gioco delle tre carte, in chiave sentimentale. Nonostante qualche gag riuscita, dal tono abbastanza grottesco, come la esilarante scenetta a quattro mani nella sala cinematografica, l’intreccio procede poi con stanchezza e ripetitività. La matrice teatrale del film è a questo punto più che evidente, quando nella seconda parte, si avvicina per ritmo e per il testo all’omonima pièce firmata da Diego Fabbri. Tuttavia, malgrado il tono leggero della sceneggiatura, si intravede, con una certa incisività la critica al perbenismo cattolico e alla società ancora profondamente maschilista, evidentemente poco sensibile ai cambiamenti, e alla imminente rivoluzione sessuale.

 

 

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