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Bully

Regia di Larry Clark vedi scheda film

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La recensione su Bully

di alan smithee
8 stelle

Bully è un film terribile e allo stesso tempo prezioso, che diventa il mezzo per trasformare il bravissimo e dannato giovane attore Brad Renfro nel nuovo idolo sacrificale di una generazione. Dopo James Dean, dopo Mark Frechette, dopo River Phoenix, un altro "bello e dannato" che assurge a simbolo dell'autodistruzione cosciente e inevitabile.

locandina

Bully (2001): locandina

MUBI

il film Bully è uno dei più riusciti e sconvolgenti tra quelli diretti dal celebre fotografo e regista statunitense Larry Clark.

Classe  1943, Clark è noto sin dai tempi del notevole esordio di Kids del 1995, per la sua particolare predisposizione a calarsi nell’universo tutto contraddizioni e ombre che regna nel mondo della gioventù, statunitense ma non solo (si pensi al più recente The smell of us, datato 2014, ambientato tra adolescenti parigini), mettendone in luce le ansie e le frustrazioni che finiscono talvolta per essere all’origine di tragedie senza ritorno.

Bobby e Marty sono due teenagers amici fraterni da una vita, ma l’apparente brillantezza del primo (Nick Stahl), appartenente a una famiglia più altolocata rispetto a quella dell’amico, cela una forte attrazione di natura sessuale che Bobby, segretamente omosessuale, prova per Marty (Brad Renfro), incitandolo a fargli interpretare filmini pornografici amatoriali, principalmente per goderselo in tenuta adamitica.

Nel contempo, invidiando le prestazioni e il successo di Marty con le coetanee del gruppo, Nick non perde occasione per mostrarsi autoritario e crudele con il suo amico, approfittando dell’ingenuità latente di quest’ultimo, per far valere quel suo atteggiamento un po’ sadomaso che lo contraddistingue negli atteggiamenti sessuali, che già celano sotterfugi legati alla propria ambiguità mai ammessa apertamente.

Quando una delle due ragazze che gli amici frequentano, sconvolta dal comportamento autoritario e violento di Bobby nei suoi confronti, comincia a stuzzicare il gruppo circa la possibilità di eliminarlo dopo essere stata seviziata con brutalità, alla fine il gruppo, Marty compreso, offeso a sua volta dalle ripetute umiliazioni perpetrate dall’amico nei suoi confronti, si decide a mettere in pratica il proposito.

Brad Renfro, Nick Stahl

Bully (2001): Brad Renfro, Nick Stahl

Bijou Phillips

Bully (2001): Bijou Phillips

Ma il panico che li prende, assieme alla smania di voler riferire dettagli dell’accaduto ai propri compagni all’esterno, finirà per compromettere la posizione di tutto il gruppo, destinato a prender parte a un processo multiplo in cui ognuno recriminerà contro il suo (ex) amico, addossando responsabilità incrociate gli uni contro gli altri, autocondannandosi reciprocamente.

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2001, sezione Giornate degli autori, e basato sul romanzo Bully: a true story of high school revenge di Jim Schutze, a sua volta ispirato a un reale fatto di cronaca nera avvenuto nel 1993, Bully sembra uno script costruito a pennello sulla potenza visiva che Larry Clark, da eccelso fotografo particolarmente interessato alle tormentate esistenze dei teenagers occidentali confusi e sbalestrati e dominati da una smania sessuale senza controllo, riesce a rendere palpabile.

E Bully, nella drammaticità efferata della sua vicenda omicida altamente premeditata, diventa lo strumento ideale e sconcertante per rendere palpabile il vuoto interiore che abita dentro una gioventù che ha sete di esperienze e diviene impermeabile ad ogni emozione già provata, arrivando a scegliere e premeditare la via dell’omicidio, quasi più per la necessità di provare una nuova sensazione dopo troppa apatia, che per metter fine ad un sopruso ritenuto non accettabile.

Nick Stahl

Bully (2001): Nick Stahl

Brad Renfro

Bully (2001): Brad Renfro

Per il compianto e bravissimo Brad Renfro, il film rappresenta, ovviamente suo malgrado, la summa della sua bravura e insieme l’apice della capacità autodistruttiva che lo porterà anche e soprattutto nella vita reale, solo qualche anno dopo, a soli venticinque anni di età, a una fine tragica e violenta, in grado di inserirlo nella manciata illustre di belli e maledetti che hanno contraddistinto la storia del cinema.

Clark si insinua come un serpente tra la nudità esibita sfrontatamente dai giovani, cogliendone appieno, e da gran maestro dell’immagine, la carica maliziosa, e fornendo ritratti quasi plastici, ma forti, di un erotismo genuino, che solo in poche occasioni (si può citare Belli e dannati e altro cinema sulla gioventù allo sbando di Gus Van Sant) ha saputo scuotere a tal punto lo spettatore, letteralmente avvinto da una storia di follia collettiva, alimentata dalla incapacità latente di provare sentimenti genuini da parte di una generazione precoce, che anticipa i tempi, costretta a ricorrere all’estremo per saziare la propria dipendenza dalle emozioni.

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