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La fine del gioco

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su La fine del gioco

di mm40
6 stelle

Un documentario realmente 'sperimentale' (appartiene alla serie dei 'film sperimentali per la tv' della Rai, nientemeno: nel 1970 c'era questo e altro, in via Teulada) a cura di un regista esordiente, ma già determinato. L'obiettivo di questo lavoro è quello di raccontare nella maniera più neutra possibile il punto di vista di un dodicenne rinchiuso in un istituto di correzione. Il bambino, che parla italiano (stentato) solo quando spronato a farlo dal suo intervistatore Ugo Gregoretti, racconta della sua famiglia, delle problematiche della sua infanzia e anche qualche particolare sulla vita in 'collegio'. E fin qui, tutto prevedibile. Ma due elementi affiorano dalla visione di questo La fine del gioco, che erano assolutamente incalcolabili; innanzitutto la scarsa dimestichezza di Gregoretti con i bambini, ma va riconosciuto che il soggetto che il regista/intervistatore sta tentando di far aprire è davvero ostico e ce la mette tutta pur di risultare antipatico all'adulto. E poi, soprattutto, non può non rimanere impressa la maniera spavalda con cui il piccolo si propone alla macchina da presa, precisando che avrebbe gradito, piuttosto, domande sulle condizioni di vita nell'istituto, che sulla sua famiglia, e chiedendo a Gregoretti perchè mai avessero scelto proprio lui, fra i tanti ospiti dell'istituto, e come fosse possibile che un qualsiasi bambino fosse destinato a finire in tv 'come se fosse un calciatore : mica sono Rivera', è la buffa obiezione dell'intervistato, che però aiuta a comprendere il già dilagante ruolo della tv (e dello star system cosiddetto) nella società italiana. Un'ora scarsa di durata, quasi tutta ambientata sul treno, con ampio spazio alle parole del bambino, frammentate da lunghe pause silenziose (intrigantemente cinematografica la sequenza finale, con la camera fissa alle spalle del piccolo mentre scende dal treno e susseguenti inquadrature della vettura vuota, come Gregoretti non ci fosse mai stato e quindi a ribadire l'idea della 'trasparenza' della macchina da presa). 6/10.

Sulla trama

Ugo Gregoretti preleva un bambino da un collegio/istituto di correzione calabrese e lo accompagna in treno verso casa. Il piccolo racconta particolari della sua vita e come vede il mondo.

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