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Reazione a catena. Ecologia del delitto

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su Reazione a catena. Ecologia del delitto

di Antisistema
7 stelle

Negli anni 70', la produzione del cinema di Mario Bava, si sposta sempre più dall'horror gotico, che oramai stava segnando il passo a nuovi tipi di orrori più quotidiani e contemporanei, verso il thriller che contaminava comunque sempre con il suo background gotico, I primi 5-6 minuti iniziali di Reazione a Catena (1971), mostrano un duplice omicidio, prima di una signora anziana su sedia a rotelle, poi di quello che era il suo assassinio, a suo volta ucciso da una misteriosa figura, dando il via ad una catena di omicidi uno dietro l'altro dove spesso chi uccide viene ucciso successivamente ad un altro individuo, come in una sorta di catena alimentare dove il soggetto più debole soccombe a quello che risulta più forte, uno stato di natura in piena regola eppure surreale in questa scia infinita di morti.

La narrazione non esiste affatto, qui a Bava interessa solo l'estetica del delitto, filmando nei modi più disparati e fantasiosi possibili (nonchè sanguinolenti) le varie uccisioni, cominciando dall'impiccagione dell'anziana signora nelle scene iniziali del film, con quelle luci pop e un'atmosfera orrorifica degna dei migliori gotici, in cui il regista è volutamente eccessivo nell'illuminazione della messa in scena, così come efferato nelle riprese di questi omicidi compiuti in modo sempre più violento. 

Reazione a Catena è probabilmente l'antenato principale dei film slasher, genere nel quale conta più l'impostazione e le scene di uccisioni tramite armi da taglio, compiute nel modo più efferato possibile, che scoprire l'identità del serial killer di per sè, infatti Bava si prende gioco dello spettatore, costruendo una pellicola dove non c'è un unico assassino, ma siamo in una sorta di tutto contro tutti, per concludere l'opera con un finale molto ironico, cattivissimo e geniale, dando la sensazione di perfetta chiusura del cerchio. 

 

 

Se l'incipit ed il finale sono colpi di genio, lo sviluppo del film non è sorretto da altrettanta perizia registica nell'arco della durata, Bava è un regista d'interni, quindi le sue abilità come direttore della fotografia sono riscontrabili appieno nelle scene ambientate nella villa dell'anziana contessa, negli esterni invece non è molto a suo agio, cercando spesso rifugio nella tecnica dello zoom sui volti dei eprsonaggi o verso il sole rosso, come il sangue copioso di cui è tinta la pellicola. Creazione tecnica fondamentale per cui è divenuto famoso il film, è l'uso della soggettiva del killer nascosto che osserva la malcapitata vittina, in attesa del momento opportuno per farla fuori, d'altronde per un regista avvezzo all'uso della macchina a mano, immedesimarsi in un punto di vista di un soggetto era l'approdo naturale e più sensato, usando tale espediente in modo intelligente per provocare ansia e un senso di claustrofobica oppressione, tecnica adoperata in una miriade di epigoni successivi, cominciando da Dario Argento, per poi trovare il suo senso più computo in Halloween di John Carpenter (1978) con il piano sequenza in soggettiva iniziale ed i riferimenti più importanti in Venerdì 13 di Sean Cunningham (1980), nel quale le scene di omicidi ai danni dei ragazzi, sono traposte pari pari non solo nell'ambientazione della residenza sul lago, ma anche nelle situazioni con l'omicidio di un ragazzo ed una ragazza a letto, preso pari pari al film di Bava, ma a differenza di quest'ultimo, vireranno sul soprannaturale puro. 

Non bisogna fossilizzarsi tanto sul lato meramente narrativo di Reazione a Catena, perchè è sin troppo intricato e fallace nella sua impalcatura, ma solo gustarsi questa catena di omicidi uno dietro l'altro, mostrato in una fase sempre più crescente ed efferata di sangue, con degli omicidi via via sempre più cattivi, "meno eleganti" immersi in una clima sostanzialmente pessimista da parte del regista dal punto di vista della natura umana pronta a tutto, pur di preservare i propri privilegi materiali, concludendo il tutto con un finale beffardo, surreale ed ironico allo stesso tempo.

Forse invecchiato più del previsto, Reazione a Catena venne largamente ignorato all'epoca della sua uscita in Italia dal pubblico e dalla critica, quanto visionato con grande attenzione negli Stati Uniti, dove il suo impatto nel cinema di genere e di serie B fu devastante, generando come citato prima una miriade di epigoni.

 

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