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Mona Lisa Smile

Regia di Mike Newell vedi scheda film

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La recensione su Mona Lisa Smile

di FilmTv Rivista
6 stelle

C’è aria di maccarthismo nascosta tra le pieghe di questo Mona Lisa Smile, storia di iniziazioni, speranze, delusioni, scoperte delle allieve di uno dei più prestigiosi college femminili americani (Wellesley nel New England, una delle “sette sorelle”), a contatto con un’insegnante di storia dell’arte aperta e anticonformista proveniente dalla più liberale California. Un “attimo fuggente” in gonnella, meno trascinante ed emotivo del film di Peter Weir, ben scritto (soprattutto nel tratteggio delle psicologie femminili d’epoca) da Lawrence Konner e Mark Rosenthal, magnificamente abbigliato dal costumista Michael Dennison, educatamente diretto da Mike Newell, che illustra il tema senza lasciarsene travolgere, ma è anche attento ai dettagli più sotterranei, a un’atmosfera complessiva, a un contesto in qualche maniera più formativo delle influenze personali. Ambientato nel 1953, racconta un mondo a un passo dal cambiamento, del quale la professoressa Katherine Watson è un simbolo quasi involontario e inconsapevole (certamente molto meno consapevole del Robin Williams di L’attimo fuggente). Ex ragazza tra le ragazze, se possiede la verità, o quanto meno la modernità, in fatto di arte, non è altrettanto sicura di sé in quanto donna; non è una femminista, né una suffragetta; sa solo, perché a lei è capitato per caso, che le donne possono fare qualcos’altro oltre che le mogli, per quanto perfette, inamidate e snob come le buone borghesi che frequentano Wellesley. Possono magari andare a Yale e diventare avvocati, o fuggire al Greenwich Village e dividere la stanza con un’ebrea comunista, o decidere, per vero amore e vera vocazione, di diventare solo mogli. Tra cintz e lezioni di bon ton, il cast femminile si muove a proprio agio: Julia Roberts è una Katharine Hepburn modernizzata; Kirsten Dunst, Julia Stiles, Maggie Gyllenhaal e Ginnifer Goodwin sembrano giovani donne uscite da un film di Sirk, mentre Marcia Gay Harden è una meraviglia vaporosa irrigidita da busti e frustrazioni. Un film onesto, dove lo sfondo, solo a tratti smascherato, tesse una tela inestricabile.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 52 del 2003

Autore: Emanuela Martini

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