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Good bye Lenin!

Regia di Wolfgang Becker vedi scheda film

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La recensione su Good bye Lenin!

di Antisistema
8 stelle

Cosa si era? Cosa si è diventati ora? A distanza di un decennio dalla caduta della Germania Est, con conseguente riunificazione tedesca, sono uscite varie "commedie del muro" da fine anni 90', che si sono interrogate sull'Ostalgia (letteralmente: nostalgia per l'Est), ovvero sul sentimento di attaccamento al passato da parte degli abitanti dell'ex DDR, in reazione ai mutamenti culturali, sociali ed economici, seguiti all'introduzione improvvisa dell'economia di mercato, con annessi problemi sull'occupazione e costo della vita ancora irrisolti.

Good Bye Lenin! di Wolfgang Becker (2003), affronta l'argomento con un tono da commedia-agrodolce, senza nascondere una forte vena malinconica per la sorte della Germania orientale, interrogandosi su quanto si sia perso nella veloce transizione al libero mercato, che ha archiviato velocemente (forse troppo), 40 anni di socialismo reale, in nome dell'unico sistema possibile ed applicabile, il capitalismo.

Coadiuvato in fase di scrittura dalla penna di Lichtbeng, il regista usa un sistema politico e lo scontro tra due ideologie antitetiche, per focalizzarsi sulla famiglia ed il rapporto tra una madre, fervente sostenitrice del socialismo, con il suo figlio ventenne, lavoratore in una cooperativa di riparazione elettrodomestici quanto spiantato privo di prospettive, che crede di poter risolvere la propria grama esistenza, protestando contro il regime per un'apertura all'Ovest.

Nell'Ottobre 1989, la DDR celebra i suoi 40 anni, ma anche l'estremo tentativo di sopravvivenza di un sistema stantio e putrescente, volto alla repressione con la forza di un dissenso sempre più evidente.

La presa diretta della brutalità del regime, smaschera l'utopia del socialismo reale sostenuta ardentemente da Christiane (Katrin Sass).

Innanzi ai manganelli e al figlio Alex (Daniel Bruhl) malamente pestato, Christine ha un infarto per via del quale crolla a terra, come il "corpo morto cadde" di dantesca memoria, a causa del turbine di passioni e contrasti interiori laceranti.

Lo svenimento, con annesso coma della donna, segna la morte dell'idea innanzi all'ideologia, sconfitta dall'intercedere dei tempi, che in pochi mesi vedono la fine della DDR e la libera circolazione tra Est ed Ovest, nel percorso verso la riunificazione.

I tempi nuovi hanno portato una ventata di novità, ma anche tanta spazzatura consumista di bassa lega, mercificazione sfrenata, disoccupazione e aumento del costo della vita.

Un'intero patrimonio socio-economico, viene dall'oggi al domani spazzato via dal liberismo capitalista, che impone una conversione 2 a 1 con il marco occidentale e soppianta i prodotti autoctoni con quelli della BRD o di importazione estera, giocando sui riferimenti a cibi ed oggetti, di ampio consumo ai tempi della DDR, oggetto dopo la riunificazione, di un curioso revival nostalgico-commerciale, ampiamente noto al pubblico tedesco.

 

L'euforia lascia spazio alla disillusione. Alex si trova allo sbando, senza prospettive e con un mediocre lavoro come installatore di parabole TV multicanali, mentre la sorella Ariane, ha mollato l'università, lavorando al Burger King, instaurando una relazione con un ragazzo dell'Ovest, da cui ha avuto un figlio.

La via d'uscita arriva dal risveglio della madre dal coma, alla quale Alex fa credere, con una vera e propria messa in scena, che la DDR sia ancora in vita, perché date le condizioni di salute precarie, un nuovo infarto fatale sarebbe certo.

Il regista ed il suo collega sceneggiatore, si divertono nella costruzione della finzione di ciò che è morto, tramite le acrobazie impossibili del figlio, nel tenere la madre all'oscuro della riunificazione imminente sotto però le vestigia del libero mercato, tramite visite di nostalgici dei bei tempi andati e prodotti della Germania Est (i mitici cetriolini Spreewald), oramai spariti dagli scaffali dei supermercati, in quanto soppiantati dai prodotti occidentali.

I siparietti raggiungono l'apice del divertimento, con i notiziari creati ad-hoc per la madre, dando informazioni false sulla Germania Est per farle credere come tutto sia rimasto uguale; confermando l'onnipresente televisione, principale strumento di propaganda e controllo, sia politico (socialismo), che di mercato (capitalismo), a cui credere ciecamente, nella sua diffusione pervasiva.

La messa in scena portata al parossismo, diviene per Alex/Christine, strumento di fuga rispettivamente dalle delusioni lavorative, quanto da un marito non presente da anni, alienandosi in un personale socialismo utopico svincolato da ogni realtà fattuale.

Christine/DDR assumono su di sé caratteristiche materne. Lo stato socialista diviene una mamma amorevole, che provvede alle necessità dei propri figli, procurandogli un lavoro, alloggio e stipendio minimo, per soddisfare tutte le loro necessità, accudendoli dalla culla alla tomba, senza mai farli crescere, trattandoli come un piccoli, bisognosi di ogni necessità, quando invece l'adulto vi provvede a sé.

Nella dicotomia infante/adulto, il regista e lo sceneggiatore muovono un'amorevole ma decisa critica al socialismo reale, che vuole fare dell'essere umano un eterno bambino da controllare, distruggendone ogni aspirazione personale - l'ammirazione orgogliosa di Alex, per il primo cosmonauta tedesco Jahn, oramai ridotto a tassista nella nuova Germania -, ma assolvendone l'idea impossibile di base, perchè capace in potenza di creare una società giusta.

" La Terra è azzurra ed è bellissima" disse Jurj Gagarin, vedendo il pianeta dalla visione privilegiata dello spazio.

Un luogo senza confini o ostacoli, se non quelli artificiali posti dall'uomo; su tutti la cicatrice indelebile della guerra fredda, ovvero il muro di Berlino. Demarcazione che segnò in modo tangibile, la morte del sogno socialista, da parte di chi vi credeva, eppure per quanto assurda, impossibile e contronatura, resta uno dei pochi antidodi ad una società capitalista gretta, individualista ed ultra-consumista.

Sullo sfondo sfocato, si svela lo sguardo di una madre colmo di ammirazione per l'ultimo inganno amorevole di Alex, capace di regalarle quel sogno inseguito per una vita intera; una Germania riunificata sotto un'ucronia socialista, dove cui il capitalismo dell'occidente è crollato miseramente. Viene così messo al centro il puro sentimento di Christine, moltiplicato all'infinito dalle nobili sonorità dell'inno della DDR, orgogliosa 

della maturità di un figlio, divenuto finalmente grande.

Alla nuova generazione il compito di un'evoluzione umana di applicare l'idea vera del socialismo, fino ad arrivare al comunismo. Frutto non di una visione del singolo, ma di un preciso progetto politico, bisognoso di persone adulte, che vadano oltre l'individualismo capitalista, portatore di un carrierismo e consumismo sterile, a favore di un umanesimo solidale, che abbracci l'intero pianeta, tendendo la mano verso l'altro in difficoltà.

 

locandina

Good bye Lenin! (2003): locandina

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