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La città incantata

Regia di Hayao Miyazaki vedi scheda film

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La recensione su La città incantata

di Antisistema
9 stelle

Il primo Maggio è la festa dei lavoratori, quindi seppur non è che abbia in grande considerazione Miyazaki (Takahata, Kon e Oshii gli sono superiori di molto nell'animazione, specie quest'ultimo), è innegabile che sia un lavoratore instancabile e con questo film di cui mi apprestero' a parlare, il tema del lavoro inteso come svolgimento di un'attività che porta ad una maggior consapevolezza di sé stessi, risulta centrale. Dopo lo strepitoso successo del capolavoro "Principessa Mononoke", Miyazaki vorrebbe ritirarsi dall'animazione a causa del grande stress accumulato, avendo d'altronde raggiunto il suo apice artistico. La scomparsa improvvisa del suo erede designato, Yoshifumi Kondo, unito al flop galattico al botteghino di "My Neighbors the Yamadas" di Isao Takahata, costringe il regista a ritornare dietro la macchina da presa e dirigere il suo ottavo film, "La Città Incantata". L'opera è stata riproposta in Italia al cinema nel 2014 dalla Lucky Red con nuovo adattamento e doppiaggio.

La storia è la seguente, Chihiro è una ragazzina di 10 anni che sta per trasferirsi in una nuova casa. Lungo la strada, i suoi genitori si imbattono in un tunnel e attraversandolo, scoprono dell'esistenza di una città colma di ristoranti con ricchi buffet in esposizione. I genitori ingurgitano tutto avidamente sino a trasformarsi in maiali. Haku, un ragazzo del posto, prende Chihiro sotto la sua custodia ordinandole di cercarsi un lavoro se vuole restare in questo mondo. Yubaba, che è a capo del mondo degli spiriti in cambio del suo nome, concede alla ragazza di lavorare, dandole il nuovo nome di Sen.

La trama pur essendo semplice, a livello contenutistico è di sicuro il film più complesso di Hayao Miyazaki insieme a "Principessa Mononoke", sebbene a differenza di quest'ultimo si rivolga ad un target più eterogeneo. La forza del film non risiede assolutamente nell'uso del mondo parallelo, che di per sé è un concetto abusato e poco originale, ma nel modo in cui l'autore ha saputo sfruttare esso per innestare elementi della sua poetica. Miyazaki concepisce il mondo parallelo degli spiriti come una metafora della società umana, visto che le regole che lo governano sono le medesime. Infatti la vecchia Yubaba, che è a capo dell'impresa termale, rappresenta il capitalista industriale assetato di denaro, che sfrutta allo stremo la forza lavoro dei suoi subordinati sino ad alienarli, privando loro del nome e affibbiandone uno nuovo per poterli in questo modo schiavizzare. Il nome è l'elemento distintivo per eccellenza di un personaggio, poiché lo identifica nelle relazioni sociali e gli ricorda il suo passato. Interessante notare che per quanto Yubaba e gli spiriti detestino gli esseri umani a causa delle loro debolezze, non ne sono affatto immuni tanto che, nella scena in cui uomo senza volto dispensa oro agli spiriti, fa bene capire che essi sono avidi e quindi soggetti agli stessi difetti che imputano all'essere umano. D'altronde gli spiriti non sono altro che una proiezione dei desideri dell'uomo ed essendo quest'ultimo imperfetto, non può che trasmettere le sue negatività anche agli spiriti. 
Altro tema importante è il percorso di crescita affrontato da Chihiro, che nella sua vita non ha fatto altro che fuggire dalle difficoltà. La ragazzina è viziata, pigra, paurosa e molto insicura di sé. Venuto meno lo scudo dei genitori, Yubaba la mette innanzi alla sua misera condizione, imponendole di prenderne atto e concedendole un'ultima possibilità di salvezza tramite il lavoro nelle terme. Chihiro afferra l'occasione lavorando molto faticosamente e progredendo giorno dopo giorno, guadagnandosi così il meritato risultato finale ottenuto con il sudore della sua fronte.
I personaggi maggiormente analizzati sono sicuramente Chihiro e Yubaba, intorno ai quali ruota l'intero film. Altro soggetto interessante è Bo, figlio di Yubaba che vive sotto una montagna di cuscini da cui non esce per via delle apprensioni materne, dalle quali però dovrà emanciparsi per affrontare la vita stando in piedi con l'ausilio delle proprie gambe.
Sicuramente l'individuo più interessante dal punto di vista metaforico è Senza volto, uno spirito che indossa una maschera bianca, che concede oro con gentile ipocrisia per comprare l'altrui amicizia, finendo però con il restare eternamente solo perché per quanti soldi si possano avere, con essi non potrai mai comprare la felicità. Gli altri personaggi come Rin, Kamaji, Haku e Zeniba sono accennati quanto basta per il proprio ruolo, anche se questi ultimi due dato il peso all'interno del film, sono stati sfruttati più a convenienza dello sceneggiatore per sbrogliare la matassa, che per effettiva utilità nella storia.

Il film essendo un fantasy atipico, richiede dei mutamenti a livello di regia da parte di Miyazaki, che sceglie un approccio più intimista e focalizzato nello scrutare l'individuo, invece di perdersi in virtuosismi registici tipici della sua produzione, finendo con il concedendosene giusto un paio che per altro sono magnificamente realizzati. Miyazaki riesce a descrivere alla perfezione la quotidianità lavorativa di Chihiro, impiegando primi piani che inquadrano bene la fatica e lo stato d'animo angosciato della ragazzina. Magistrale risulta, per come è girata, l'intera sequenza del treno sull'acqua, riuscendo ad imprimere ad essa una forte impronta crepuscolare.
Il comparto tecnico è ineccepibile, visto che lo Studio Ghibli si è superato realizzando ben 144.000 disegni, grazie ai quali abbiamo animazioni molto fluide e la resa grafica è spettacolare. Miyazaki decide di optare in tante sequenze, per l'uso di un'ottima colorazione digitale e in taluni frangenti anche di una CGI di buonissimo livello, che non prevale mai sull'animazione tradizionale.
Le musiche di Joe Hisaishi, sono di ottima fattura come sempre. Per le scene di tensione, si ispira palesemente alle note del piano di Jocelyn Pook realizzate per film "Eyes Wide Shut", non mancando di rifarsi alla tradizione Giapponese per comporre brani musicali che fanno da accompagnamento al lavoro nelle terme di Chihiro.

Il film costato 16 milioni di euro, incasserà ben 275 milioni in tutto il mondo realizzando un profitto stratosferico. Inoltre, anche come sorta di premio per i precedenti lavori, vince l'Orso d'oro di Berlino nel 2002 e il premio oscar come miglior film d'animazione nel 2003 (anche per via della scarsa concorrenza), sancendo la definitiva consacrazione presso la critica occidentale dell'animazione Giapponese. Innanzi a tanti elogi, ci si dimentica però di sottolineare i difetti del film, che sono fondamentalmente riconducibili ai soliti problemi che affliggono la filmografia del regista, cioè: la storia d'amore tra i due ragazzini che nasce di sana pianta e senza un minimo di introduzione, le solite lungaggini di 10-15 minuti che contribuiscono a far calare il ritmo nella parte centrale ed infine lo sfruttamento di personaggi come Haku e Zeniba che lascia a desiderare. Nonostante Miyazaki faccia di tutto per remare contro i suoi film, riempendoli di errori evitabili, "La Città Incantata" rappresenta indubbiamente uno dei suoi tre capolavori. La visione della pellicola è consigliata a tutti gli amanti del cinema, visto che il film è un eccellente blockbuster autoriale pregno di contenuti interessanti e che risulta riuscito anche a livello concettuale.

 

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